Note redazionali
Ho cominciato a scrivere queste considerazioni nel 2006, relegato in un ufficio regionale, senza incarichi specifici né responsabilità, con l’unica risorsa di un vecchio computer e la possibilità di accedere alla rassegna stampa quotidiana. Ero quindi sempre informato su fatti di cronaca, vicende politiche, anche nazionali, se non internazionali, avvenimenti cittadini e accadimenti vari. Soprattutto nei lunghi pomeriggi di rientro al lavoro, spesso senza direttive né colleghi disponibili, lo scrivere è stata una scelta di vita, se non di pura sopravvivenza.
Le ho chiamate elucubrazioni utilizzando il senso letterale del termine, “lavorare a lume di lanterna”, perché scritte in piena solitudine, senza il confronto con alcuno e con la condivisione via e-mail di poche persone ed anche per dare il giusto significato autoironico a note improvvisate, senza pretese né di obiettività né di imparzialità.
Le elucubrazioni si interrompono nel momento in cui mi venne assegnato un ruolo regionale di grande impegno e responsabilità, che avrebbe assorbito tutto il mio tempo vitale e le mie energie e, non a caso, riprendono con sistematicità solo alla mia andata in pensione.
Fino a ieri sono state condivise via e-mail con un numero di persone di poco superiore a quello iniziale, con alcune delle quali c’è un confronto e uno scambio di idee, quasi sempre per via telematica.
Riesumandole quasi tutte voglio condividerle con un pubblico che mi auguro più vasto, per perseguire l’obiettivo di contribuire ad un dibattito politico che mi sembra oggi fiacco e asfittico, comunque limitato alle contingenze del presente, senza una riflessione, anche critica, del passato più recente, che rischia altrimenti di essere vissuto non come storia, ma come preistoria, lontanissima, largamente incomprensibile, fonte essenzialmente di studio e non di suggerimenti per l’attuale pratica politica. Oggi quasi nessuno scrive di Prodi, pochi di Berlusconi, ma soprattutto non è più la loro stagione politica ad essere narrata, come se quella attuale fosse l’unica possibile.
La mancanza o la perdita di memoria sembra infatti essere una caratteristica dei nostri tempi, vittima di una incredibile velocità di avvicendamento di personaggi pubblici, di eventi sociali, di regole e linguaggi della politica. Questi cambiamenti appaiono ancor più radicali se non vengono messi a confronto e in relazione con altri, non necessariamente lontani, ma vicini, se non vicinissimi. Basta alzare lo sguardo, affinarlo e mettere a fuoco.
M.C.