13 febbraio 2021 L’ammucchiata presidenzialista

Adesso che il governo Draghi è insediato ed è nota la lista dei ministri, la vittoria di Matteo Renzi appare in tutta la sua evidenza. Il senatore di Rignano può vantare di avere raggiunto tutti i suoi obiettivi: la fuoriuscita di Giuseppe Conte, la cui carriera politica appare nebulosa e incerta; la spaccatura dei 5Stelle, con conseguente incrinatura dell’alleanza giallorossa, minacciata anche dai malumori in casa PD e LeU; il ritorno sulla scena politica di Berlusconi con Forza Italia di nuovo centrale e centrista; il contorsionismo ideologico e programmatico della Lega che solo tatticamente abbandona il sovranismo e il suprematismo trumpiano, pronta a condividere i due assi strategici renziani: il governo di unità nazionale, embrione di un futuro Partito della Nazione e la Repubblica Presidenziale.
Forte del brodo di coltura rappresentato dal governo Draghi, intriso di politicismo e di tecnocrazia, e dal ruolo straordinario svolto da Sergio Mattarella nel risolvere la crisi di governo, Matteo Renzi si appresta a chiudere la rete, fidando nelle sue eccezionali capacità di politico cinico e spregiudicato. Non farà forzature, si limiterà ad agevolare un percorso già imboccato, a rafforzare tendenze già in atto. Dovrà lavorare (politicamente) per rafforzare un esecutivo tecnico-politico, già considerato unanimemente salvatore dei conti pubblici e garanzia di stabilità politica contro l’anarchismo e la rissosità delle assemblee elettive, in un istituto di garanzia e di maggior controllo, dotato per questo di futuri maggiori poteri ed espressione di molteplici interessi. Affiancato da un diverso ruolo della Presidenza della Repubblica, non più e solo garante della Costituzione in una repubblica parlamentare, ma eletto direttamente dai cittadini anziché dal Parlamento, con un autonomo potere di indirizzo politico in grado di sciogliere unilateralmente le Camere e sfiduciare i Governi. Per questo Mario Draghi è già in pole position.
E’ questo progetto che convince Forza Italia, attrae la Lega di Salvini e forse costringe Fratelli d’Italia all’astensione. Dovrebbe terrorizzare il Partito Democratico e quanto sopravvive di sinistra in LeU e dintorni. Per il movimento 5Stelle, ancora privo di una leaderschip autorevole, il suo essere né di destra né di sinistra lo facilita nella partecipazione ad ammucchiate eterogenee e contraddittorie e gli impedisce di leggere con lucidità passaggi e progetti politici. Gli sono bastati slogan (vaffa day, onestà, onestà, onestà, no al poltronismo politico), elencazioni di temi senza indicazioni di priorità e scadenze, identità e appartenenze generiche, per governare sino ad ora e così sarà nell’immediato futuro, rivendicando il fare facendo e la superiorità della prassi sulla teoria, affidata a pochi competenti, se non pochissimi.
La sinistra dovrebbe percepire il pericolo, allertare l’opinione pubblica, mobilitarsi, preparare contromosse, allestire casematte.
Ma è afona, impreparata, divisa, disorientata.
Forse è addirittura inesistente.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*