Tintoretto non lavora per corti straniere, come Tiziano, e solo negli ultimi tempi riceve incarichi dalla Repubblica di Venezia, che non ha una corte principesca. I suoi maggiori committenti sono le confraternite o “scuole”, caratteristiche della Venezia cinquecentesca, costituite su base religiosa, organizzate per lo più secondo le professioni. I confratelli sono gente modesta e preferiscono l’arte di contenuto strettamente religioso, ma le “scuole” sono ricche e possono permettersi di ornare le loro sedi di importanti e fastosi dipinti. Tintoretto lavora per la Scuola di San Rocco, di cui è membro sin dal 1575, per la quale esegue grandi tele, eseguite in due periodi, negli anni 1565-67 e 1576-87, rappresentanti gli eroi del Vecchio Testamento e la vita di Cristo ed esaltanti i sacramenti cristiani. Il suo stile si evolve in questa fase della sua carriera artistica, parallelamente al suo rinnovamento spirituale che si compie intorno al 1560, quando il Concilio di Trento si avvia alla conclusione e formula i decreti sull’arte. Lo stile pittorico di Tintoretto è una descrizione totalmente ortodossa del cosmo cristiano da farlo diventare il più grande e rappresentativo pittore della Controriforma. Le scene evangeliche, l’Annunciazione, la Visitazione, l’Ultima Cena, la Crocifissione non sono semplici episodi della vita di Gesù, ma i misteri della fede cristiana che assumono nella sua pittura un carattere visionario e appaiono irreali, spiritualizzate, ispirate.
Ma il mondo delle sue opere tarde è quello mitico-pagano, o, nel migliore dei casi, quello del Vecchio Testamento, non più quello del Vangelo e le sue rappresentazioni perdono il significato cristianamente ortodosso.
(5 maggio 2019)
Fonti:
Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte, Volume primo, Preistoria Antichità Medioevo Rinascimento Manierismo Barocco, Torino, Einaudi, 1977
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