Giotto è il primo maestro del naturalismo in Italia, grazie alla sua fedeltà al vero e alla sua contrapposizione alla rigidezza e all’artificiosità della maniera bizantina, ai suoi tempi ancora largamente diffusa. Nella rappresentazione immediata delle cose sa dare forma e narrare tutto quello che prima di lui era semplicemente inesprimibile con mezzi pittorici.
Egli è il maestro dell’arte borghese, semplice, logica, sobria, che trae la sua classicità dall’ordine e dalla sintesi che sa imporre alle impressioni immediate e da una visione razionale e semplificatrice della realtà. La sua attività si svolge nel periodo di floridezza economica a Firenze, che sta fra l’avvento delle Arti al potere e la bancarotta dei Bardi e dei Peruzzi, in quel primo grande periodo di civiltà borghese che vede sorgere gli edifici medioevali più splendidi: Santa Maria Novella e Santa Croce, Palazzo Vecchio, il Duomo e il Campanile.
L’arte di Giotto è rigorosa e obiettiva come la mentalità dei suoi committenti che vogliono prosperare e dominare, ma non danno ancora uno speciale valore alla pompa e allo sfarzo.
Tutto il Trecento è sotto il segno del naturalismo giottesco, anche se ci sono ancora manifestazioni che non sanno liberarsi delle forme stereotipate dell’antica tradizione e che si attengono allo stile ieratico del Medioevo.
La prima grande rielaborazione del naturalismo giottesco avviene a Siena, e non a Firenze, attraversata da una crisi finanziaria provocata dai grandi fallimenti a partire dal 1339, due anni dopo la morte di Giotto, dominata dalla tirannide del Duca di Atene negli anni 1342-43, sconvolta dalla grande sommossa del 1346, dissanguata dalla peste del 1348. A Siena, lontana da torbidi e rivolte, dominata da una media borghesia e con profonde tradizioni sociali e religiose e dove l’evoluzione culturale non è turbata da crisi o da catastrofi, Ambrogio Lorenzetti, crea il paesaggio naturalistico e la veduta illusionistica della città, che completa e arricchisce lo spazio di Giotto, unitario e continuo, ma mai più profondo di uno scenario.
Solo nel Quattrocento Firenze riprende la sua posizione di guida nella storia dell’arte, quando raggiunge l’acme della sua potenza economica, aprendo un ininterrotto flusso di ordinazioni. Sarà l’unico luogo in Italia, insieme a Venezia, dove si potrà esplicare una cospicua attività artistica di tendenze moderne, in un contesto occidentale dominato dallo stile tardo gotico e aulico.
Agli inizi del secolo, i maestri della prima generazione rinascimentale, sopra tutti Masaccio e Donatello, sono ancora vicini all’arte severa di Giotto, tutta intesa all’unità dello spazio e al rilievo statuario delle figure e non al gusto prezioso delle corti delle regioni settentrionali, dove l’alta borghesia, ormai ricca potente, comincia a far propri i costumi del mondo aristocratico e nella materia del mondo cavalleresco non vede più soltanto qualcosa di esotico, ma anche dei modelli di vita. A Firenze la borghesia, dopo la crisi finanziaria, politica e sociale, si mostra più semplice, più sobria e più puritana di prima e torna a dominare una mentalità obiettiva e realistica, lontana da romanzesco e, contro la concezione aristocratica e cortese dell’arte, si afferma un nuovo, fresco, robusto naturalismo.
(27 maggio 2019)
Fonti:
Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte, Volume primo Preistoria Antichità Medioevo Rinascimento Manierismo Barocco, Torino, Einaudi, 1977
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