1.
Nasce a Firenze nel 1377 da padre notaio. Dapprima è orafo e scultore e si mette in luce nel 1401, con la sua formella del Sacrificio di Isacco, vincitore, ex equo con Ghiberti, del concorso indetto per la seconda porta del Battistero. L’attribuzione della commessa a Lorenzo Ghiberti rappresenta per Brunelleschi uno smacco, a cui pensa di dover rimediare perfezionando le sue conoscenze e competenze con un maggior studio della statuaria, soprattutto antica. Per questo si reca più volte a Roma, con l’amico Donatello, ma non sono solo le sculture a colpirlo ma le antiche rovine, di cui cerca di capire le modalità della loro realizzazione e della strumentazione impiegata. Lo fa disotterrando, misurando, analizzando, studiando colonne, capitelli, architravi, fregi, cornici, frontoni. Per il resto immagina e progetta le grandi macchine necessarie a un cantiere, perché per i tempi di allora è una necessità impellente economizzare il più possibile materiali e manodopera, non avendo più a disposizione i grandi mezzi dell’impero romano. Partito per Roma scultore ne torna architetto e il suo obiettivo a questo punto è il cantiere di Santa Maria del Fiore, con il completamento della cupola, che pone problemi tecnici insormontabili ai capomastri dell’Opera del Duomo. Lascia alle spalle la sua originaria produzione artistica, tra cui le statue di Profeti e Padri della Chiesa poste a completamento del trecentesco altare d’argento di San Jacopo nella cattedrale di Pistoia. La riprenderà nel 1420, in forma sporadica, con il Crocifisso ligneo della Cappella Gondi in Santa Maria Novella e con i bassorilievi dei tondi della Cappella dei Pazzi.
2.
Divenuto architetto verso i quaranta anni d’età sviluppa una attività infaticabile e innovativa per circa un quarto di secolo.
Nel 1418 l’Opera del Duomo bandisce un concorso per il completamento della cupola e nel 1420 Brunelleschi è nella terna vincitrice, ancora una volta con Lorenzo Ghiberti. Il clima tra i committenti è di grande incertezza, perché nessun progetto appare credibile, tanto meno quello del Brunelleschi, totalmente innovativo e ardito. Riesce a passare però i primi gradi di giudizio, anche grazie alle prime riuscite realizzazioni e nel 1423 gli viene affidata la piena responsabilità dei lavori, che realizza con significative innovazioni tecniche, che gli permettono di realizzare il grandioso manufatto senza bisogno di armature e con una maggiore sicurezza delle macchine di sollevamento. Due cupole, una interna massiccia, l’altra più sottile e slanciata, entrambe innestate sull’ottagono del tamburo, per poi separarsi, adottando un sistema innervato a gabbia, affidato a otto speroni angolari e sedici mediani, intersecati da anelli di contenimento. Una struttura dalla curvatura accentuata, in cui la lanterna ha un ruolo fondamentale, irrigidendo la cupola sottostante in un sistema equilibrato, in grado di contenere al massimo le spinte laterali e impedire l’esplosione verso l’alto del grande pseudo padiglione rampante. Tutto questo è possibile grazie a macchine da cantiere alcune innovative, altre ereditate dall’esperienza maturata dalla fabbriceria fiorentina nel pieno Trecento, in particolare con l’innalzamento del campanile, delle tribune e del tamburo del Duomo.
I lavori della cupola durano in tutto l’arco della sua vita, dal momento che nel 1434 viene terminata la struttura, nel 1436 è chiusa la cupola e due anni dopo due delle quattro tribune dell’ottagono absidale. Soltanto dopo la morte di Brunelleschi si comincia montare la lanterna, la cui realizzazione finale è dovuta al Verrocchio, che vi colloca una grande palla bronzea con la croce.
Con la realizzazione della cupola del Duomo di Firenze Brunelleschi si afferma come progettista e non più solo come capomastro, si conferma come un intellettuale non più artigiano, in grado di mettere a frutto i suoi interessi matematici, lo studio delle forme e dei procedimenti tecnici dell’architettura romana e della tradizione medioevale toscana, ma anche l’elaborazione della formulazione sperimentale delle leggi della visione secondo il metodo prospettico.
3.
Mentre ancora a Firenze si lavora ai cantieri gotici, quali Santa Trinita e il Carmine, Brunelleschi intraprende una nuova strada. Risale alle radici paleocristiane e attinge a piene mani al romanico fiorentino. Con la grande basilica di San Lorenzo Brunelleschi risponde all’esigenza di dotare Firenze di un tempio adeguato alla crescita urbana moderna. Imposta uno schema che concilia la nuova visione prospettica con una corona di cappelle, perché ha bisogno del consenso e del sostegno economico della grande famiglia dei Medici, interessata al giuspatronato e ai diritti di sepoltura.
La sua impronta classica, nobile, di profondi riferimenti toscani non viene alterata né dal non finito dell’autore né dalle alterazioni dei suoi successori.
Nel 1419 il capolavoro della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo e l’anno successivo quello della chiesa stessa, dove gli elementi architettonici sono netti, semplici, controllati, estremamente razionali, grazie all’uso metodico di colonne, pilastri scannellati, cornici a modanatura variabile, frontoni, archi e pilastri d’angolo sostenenti la dimensione orizzontale, mentre gli elementi minori s’inseriscono rigorosamente nella composizione, garantendo suddivisioni armoniche.
La Cappella dei Pazzi sul fianco di Santa Croce del 1430, è un edificio la cui membratura è sottolineata dall’impiego delle sottili colonne corinzie esterne e dai pilastri interni in pietra serena scura.
Nella Basilica di Santo Spirito in Oltrarno, progettata nel 1436 e iniziata nel 1444, due anni prima di morire, tenta di revisionare il tema della pianta basilicale a tre navate con transetto, ripreso da modelli paleocristiani e medioevali.
4.
In tempi di impegno repubblicano propugnato dagli umanisti-cancellieri di Firenze Brunelleschi, con il Palazzo di Parte Guelfa, da una risposta concreta.
Nel 1418 progetta di innestare su un edificio del XIV secolo un impianto razionale, caratterizzato da pilastri e scandito da alte finestre arrotondate, sormontate da oculi. Il palazzo è già in corso di trasformazione, affidato a capimastro locali, e l’incarico a Brunelleschi dovrebbe accelerare i lavori, rallentati da implicazioni politiche. La grave crisi economica degli anni 1424-25, nel vivo della lotta contro Milano, determina la crisi del cantiere che sarà abbandonato nel 1461 e rimane un altro non finito di Brunelleschi.
Un altro esempio concreto in cui esprime la sua vocazione civile è lo Spedale degli Innocenti, una energica ristrutturazione del 1419 di uno spazio urbano con un organismo nuovo, in cui tutto si risolve in rapporti misurabili, nei due chiostri, nella facciata della fabbrica, in cui le superfici sono scandite dal portico orizzontale a nove campate. La tradizione gotica è liquidata, non tanto nell’utilizzo delle colonne all’uso classico o negli archi a tutto sesto, ma nella visione dello spazio, nell’ordito proporzionale, nella leggibilità prospettica.
5.
Nel 1433 lo scultore Buggiano, al secolo Andrea di Lazzaro Cavalcanti, figlio adottivo di Brunelleschi e suo protetto nella professione, dichiara di avanzare la somma notevole di duecento fiorini. L’anno dopo, in una sorta di indebita auto restituzione, Buggiano fugge a Napoli con almeno la metà della somma e ne nasce una inchiesta che scomoda perfino il papa Eugenio IV e la regina Giovanna II di Napoli.
6.
Nel corso della sua vita l’attività di Filippo Brunelleschi si dispiega su svariati settori, dall’allestimento scenico alle fortificazioni. Infatti è anche ingegnere e architetto militare, inventore di macchine e congegni da guerra. Impossibilitato a controllare tutto o a concludere tutto secondo le sue direttive, a volte incorre in grandi insuccessi professionali, come l’impossibilità di risalite il fiume Arno da parte del suo battello fluviale a pale, da lui concepito per il trasporto dei marmi o il tentativo di conquistare Lucca, alleata dei Visconti, con la deviazione del fiume Serchio, che si rivela disastrosa per gli assedianti e non per gli assediati.
Muore nel 1446 a Firenze ed è sepolto a Santa Maria del Fiore, in una tomba rimasta sconosciuta per secoli e scoperta nel 1972. La sua scomparsa appare subito irreparabile, visto che lascia in eredità molti problemi insoluti e tanti cantieri ancora aperti, come la facciata della chiesa di Santo Spirito, che apre una questione in cui tenta, senza successo di inserirsi Giuliano da Sangallo, il più acculturato degli eredi di Brunelleschi.
7.
Il non finito brunelleschiano a Firenze è ampio.
L’esempio più eclatante è la rotonda di Santa Maria degli Angeli, il sofisticato piccolo tempio camaldolese, i cui lavori iniziano nel 1435 ma vengono interrotti nel 1437, per le esigenze di destinare risorse alla guerra contro Milano. Viene così bloccato il progetto più avanzato di Filippo Brunelleschi, un vano ottagono su cui si dovevano aprire, inquadrate da lesene piegate a libretto, otto cappelle dai lati absidali, tutte comunicanti fra loro a suggerire una sorta di deambulatorio anulare. E’ l’espressione più coerente della vocazione brunelleschiana per lo spazio centralizzato, suggeritagli a suo tempo dalla lezione dei monumenti antichi di Roma e dall’antichità cristiana.
(23 aprile 2019)
Fonti:
Enciclopedia dell’Architettura Garzanti, Milano, Garzanti, 1996
Stefano Borsi, Brunelleschi, Inserto redazionale di Art e Dossier, Firenze-Milano, Giunti, 2007
André Chastel, Storia dell’arte italiana Tomo primo, Roma-Bari, Laterza, 2012
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