Nel 1612 il pittore Orazio Gentileschi indirizza al papa una petizione in cui denuncia l’amico pittore Agostino Tassi, trentenne, di aver violentato la figlia Artemisia, quindicenne, di cui era maestro di pittura.
Il processo dura parecchi mesi e Artemisia conferma l’accusa, anche quando è interrogata sotto tortura. Un amico del Tassi, G.B. Stiattesi, interrogato a sua volta, rivela che costui aveva fatto uccidere la moglie, dopo che era fuggita con un altro e che successivamente si era accompagnato alla cognata quindicenne, tanto da essere querelato per incesto. Tassi, durante l’interrogatorio, elude abilmente le accuse e contrattacca con molta faccia tosta, confermando di essere stato in prigione più volte, negando ogni responsabilità riguardo alla morte della moglie, accusando il Gentileschi e lo Stiattesi, suoi vecchi amici, di essergli contro per debiti di denaro e dichiarando che quest’ultimo era il violentatore di Artemisia. Il pittore trascorre otto mesi in prigione e alla fine il caso è archiviato.
Ciò nonostante Agostino Tassi, anche quando continuò ad avere a che fare con la giustizia per violenze, furti, stupro, incesto, sodomia, ebbe commissioni importanti e decorò i palazzi di illustre famiglie romane, quali i Peretti, i Rospigliosi, i Lancellotti, i Ludovisi, i Pamphili e il palazzo pontificio al Quirinale. Perfino Orazio Gentileschi lo perdonò e rinnovò l’antica amicizia.
(5 aprile 2019)
Fonti:
Rudolf e Margot Wittkower, Nati sotto Saturno La figura dell’artista dall’antichità alla Rivoluzione francese, Einaudi, Torino, 2016
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