Il principale cliente dell’artista medievale è la Chiesa seguita dai sovrani e dalla nobiltà. Dal XII secolo in poi, acquistando vigore le municipalità, i comuni e le corporazioni, gli incarichi pubblici per la realizzazione e il decoro di palazzi comunali e consiliari, di aule per le adunanze e di sedi corporative assorbono un gran numero di architetti, scultori e pittori. Con lo sviluppo della cultura urbana e l’affermarsi di ceti sociali non aristocratici molti cittadini abbienti diventano una clientela potenziale per molti artisti, fino a diventare di fatto nel quattrocento un significativo committente di opere d’arte.
La frattura della cristianità nel secolo XVI, con le forti tensioni anche sociali e politiche che seguono, priva molti artisti, soprattutto al nord delle Alpi, della loro maggiore e più stabile fonte di lavoro. Molti di loro inoltre sono privati della loro ragione d’essere o dalla propria coscienza o dal fanatismo altrui.
Dei riformatori, solo Calvino professa una rigorosa iconoclastia; né Lutero né Zwingli sono contrari alle opere d’arte, purché non oggetto di adorazione.
Andreas Bodenstein von Karlstadt, uno dei primi sostenitori di Lutero, predica l’iconoclasmo radicale. Di conseguenza, fra la fine del 1521 e l’inizio del 1522, gli arredi di alcune chiese di Witteberg vengono prese di mira da vari gruppi di monaci e studenti, costringendo Lutero, al momento assente, a tornare precipitosamente a Witteberg assumendo una posizione totalmente contraria all’iconoclasmo. Comunque nelle chiese luterane viene a mancare la domanda di grandi apparati decorativi, che aveva caratterizzato la committenza ecclesiastica precedentemente.
Molti artisti, filoluterani, quali Durer e Luca Cranach, rivendicano il diritto di dipingere quadri religiosi.
Quando il malcontento dei contadini tedeschi, lungamente covato, esplode nella rivolta del 1524, raccogliendo la simpatia di larghi strati delle popolazioni cittadine e anticipando le idee della Rivoluzione francese, la situazione precipita. La componente borghese del movimento, dopo aver partecipato con entusiasmo alla lotta contro i privilegi feudali del clero, appena raggiunti i propri scopi, si oppone ad ogni ulteriore sviluppo che potesse danneggiare i propri interessi a vantaggio delle classi inferiori. Martin Lutero, dapprima favorevole ai ribelli, di fronte alle loro radicali rivendicazioni sociali, affiancate anche da utopie evangeliche di amore cristiano e di divina giustizia, appoggia la causa dei tradizionali poteri dei principi e invoca una sanguinosa repressione della rivolta.
I capi della rivolta sono puritani all’eccesso e chiedono che tutti i quadri vengano rimossi dalle chiese fino a sfociare nel 1522 in una ampia distruzione di opere d’arte. Nonostante la sconfitta cruenta delle rivolte contadine e il ridimensionamento della furia iconoclasta, il declino del cattolicesimo in molti paesi comporta il declino se non la cessazione delle commesse ecclesiastiche, con l’altrettanto inesorabile declino di tanti artisti e delle loro botteghe.
Comunque nel primo sviluppo della Riforma la situazione rimane abbastanza fluida e artisti di tendenza protestante lavorano per clienti di tutte le sfumature religiose, mentre per gli artisti cattolici diventa più difficile ottenere incarichi da committenti protestanti. Non prendere posizione per l’uno o l’altro partito religioso è comunque pericoloso, soprattutto per un artista.
(1° maggio 2019)
Fonti:
Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte Volume primo Preistoria Antichità Medioevo Rinascimento Manierismo Barocco, Torino, Einaudi, 1977
Bernard Aikema, Cranach, Firenze-Milano, Giunti, 2010
Rudolf e Margot Wittkower, Nati sotto Saturno La figura dell’artista dall’antichità alla Rivoluzione francese, Einaudi, Torino, 2016
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