Arte e Controriforma

La Riforma protestante mette in luce la corruzione della Chiesa e la necessità di purificarla, perché il cattolicesimo aveva smarrito ogni senso di interiorità, di trascendenza e di rigore. Diventa insopprimibile il desiderio di rinnovamento, pena il dover cedere ai luterani il monopolio dell’opposizione ad ogni materialismo e riconoscere come giusta la sua dottrina della giustificazione per la fede, l’idea della comunicazione diretta con Dio e quella del sacerdozio universale. I capi del movimento riformatore cattolico sono per lo più umanisti illuminati e chiedono di agire in profondità, convocando un concilio libero e generale. Verso il 1520 si costituisce a Roma l’Oratorio del Divino Amore, una associazione che vuole essere esempio di pietà e incitamento alla riforma della Chiesa. Il sacco di Roma pone fine a questa iniziativa, che continua a Venezia e poi di nuovo a Roma, insistendo a voler favorire la riconciliazione con il luteranesimo, per salvare a beneficio della Chiesa cattolica il contenuto morale e spirituale della Riforma. Molto vicini a questo circolo di umanisti è Vittoria Colonna e i suoi amici, tra cui figura, dal 1538, anche Michelangelo.

Il fallimento delle trattative condotte da Contarini alla dieta di Ratisbona nel 1541 segna la fine del movimento riformatore cattolico, con l’affermazione di un cattolicesimo militante, che si vuole affermare con i mezzi dell’autorità e della forza. Il papato di Paolo III segna il trapasso dal clima tollerante del Rinascimento all’intolleranza della Controriforma. Nel 1542 viene istituita l’Inquisizione, nel 1543 si ufficializza la censura sulla stampa e nel 1545 si apre il Concilio di Trento. Il nuovo spirito avverso al Rinascimento si annuncia anche con la fondazione di nuovi ordini religiosi, a partire dalla Compagnia di Gesù, modello di rigorismo religioso e di disciplina ecclesiastica. Compaiono anche nuovi santi, quali Carlo Borromeo, Filippo Neri, Giovanni Della Croce e Teresa D’Avila.

Il Concilio di Trento, in diciotto anni di discussioni, segna un netto confine tra ortodossia ed eresia, e, non ponendosi più il problema di evitare la scissione, i contrasti non vengono nascosti ma accentuati, per rimarcare differenze ed esigere la massima fedeltà da parte dei cattolici. Nel momento in cui si ha la certezza di aver eliminato ogni malinteso nell’interpretazione dell’ortodossia e nella consapevolezza di dover alleviare la tetraggine del cattolicesimo militante, per facilitare anche con mezzi esteriori la propaganda della fede, si vogliono rendere più attraenti le forme del culto e fare della chiesa una casa fastosa e invitante. Alla via della severità ascetica si accompagna così la lusinga dei sensi. E’però la fine del liberalismo della Chiesa nel campo dell’arte. Le opere destinate alle chiese sono sottoposte alla sorveglianza dei teologi e i pittori sono obbligati ad attenersi strettamente alle istruzioni dei loro consiglieri ecclesiastici. Sono vietate opere d’arte ispirate o influenzate da concezioni non ortodosse.

Teologi e scrittori della controriforma, quali san Carlo Borromeo, il cardinale Gabriele Paleotti e il fiammingo Johannes Molanus, si diffondono sul tema dei nuovi canoni di decenza dell’arte. In particolare il nudo è da loro aspramente contestato come osceno, nonostante gli artisti del rinascimento ne avessero fatto una precisa iconografia, dal momento che consideravano l’uomo, creato a somiglianza di Dio, come misura dell’armonia universale.

Molto tempo prima del Concilio di Trento si era levata una violenta levata di scudi contro la rappresentazione del nudo, a proposito del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina, terminata nel 1541. Tra i più critici era apparso Pietro Aretino, uno degli scrittori più lubrici del Cinquecento, con una lettera indirizzata al grande artista piena di accuse, improperi e sporche insinuazioni. Dopo dieci anni, nel 1559, papa Paolo IV ordinerà a Daniele da Volterra, seguace di Michelangelo, di dipingere i panni addosso alle figure incriminate.

Il Concilio di Trento, nonostante il suo rigorismo morale e il suo dichiarato antiformalismo, non è, a differenza della Riforma, ostile all’arte, perché le riserva una parte molto importante nel culto e la vuole usare come arma contro le dottrine eretiche. Il vero programma artistico della Controriforma, la diffusione del cattolicesimo attraverso l’arte fra le masse popolari, si attua pienamente nell’età barocca, nonostante che a quei tempi il Manierismo fosse lo stile più diffuso e più vivo, ma senza le caratteristiche necessarie per i compiti che la Controriforma intende assegnare all’arte. 

(1° maggio 2019)

Fonti:

Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte Volume primo Preistoria Antichità Medioevo Rinascimento Manierismo Barocco, Torino, Einaudi, 1977

Rudolf e Margot Wittkower, Nati sotto Saturno La figura dell’artista dall’antichità alla Rivoluzione francese, Einaudi, Torino, 2016

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*