La mattina del 25 aprile 1945 il prefetto Grassi consiglia a Clemente Graziani di non uscire in strada perché gli operai delle fabbriche milanesi sono entrati in sciopero e alcuni gruppi dello stabilimento di via Savona si stanno dirigendo verso il centro cittadino con cartelli che chiedono pane e domandano la fine della guerra. Sono affrontati dal federale Vincenzo Costa che li vuole convincere a sciogliere la manifestazione, ma nascono scontri in Largo Carrobbio ed altre fabbriche vengono occupate dagli operai armati, mentre scoppiano combattimenti nella periferia milanese.
Alle ore 9 Benito Mussolini è in prefettura con il ministro dell’Interno della RSI Paolo Zerbino, per evitare una resa dei conti che si prospetta tragica per lui e per il fascismo e per questo attiva una serie di trattative con esponenti moderati dell’antifascismo, in larga parte appartenenti al mondo cattolico,nonostante che a metà aprile avesse proposto che il governo della RSI si ritirasse a Milano per una resistenza ad oltranza e fare della città la Stalingrado d’Italia.
Giuseppe Brusasca, segretario della DC clandestina per il Piemonte è al centro di una trattativa condotta con Angelo Tarchi, Ministro delle Corporazioni, plenipotenziario di Mussolini. Oggetto della trattativa è una resa con la condizione che tutti i fascisti, Mussolini compreso, vengano considerati e trattati come regolari prigionieri di guerra.
Parallelamente il capo della polizia generale Renzo Montagna contatta l’avvocato Garbagni che garantisce di avere la delega del governo di Roma di Ivanoe Bonomi, ma che agisce con l’appoggio di alcuni esponenti moderati del PSIUP, in totale insaputa di Sandro Pertini e Lelio Basso.
Ma la vera trattativa, quella che impegna figure di primissimi piano, ha come protagonista Alfredo Ildefonso Schuster, cardinale di Milano, che persegue l’obbiettivo di investire la Chiesa Cattolica del ruolo di protagonista benefica, con lo scopo di bloccare l’insurrezione popolare e di impedire ai comunisti e ai loro alleati di gestire quel straordinario momento storico. Per questo il cardinale tenta di trattare solo con il rappresentante cattolico del CLNAI, Achille Marazza e con Raffaele Cadorna, di fatto fiduciario degli angloamericani e del re, garante del contenimento della Resistenza in funzione antirivoluzionaria.
Il comitato insurrezionale, informato delle trattative, decide di annullarne gli effetti e con una propria iniziativa proclama l’insurrezione, mentre il CLNAI, presenti Giustino Arpesani, Achille Marazza, Sandro Pertini e Leo Valiani, riunito dalle ore 8 nel Collegio dei Salesiani in via Copernico, aveva a lungo discusso sulla proposta democristiana e liberale di una tregua con i fascisti, arginandola con l’approvazione di decreti sui poteri del governo, sui consigli di gestione, sui tribunali del popolo, sull’epurazione amministrativa e finanziaria, ma aveva anche votato all’unanimità il proclama insurrezionale.
Alle undici insorgono le fabbriche occupate e, a mezzogiorno, i tram che hanno trasportato gli operai in lotta, rientrano nei depositi.
In prefettura, don Corbella, canonico di Sant’Ambrogio, uno dei più stretti collaboratori di Schuster insieme a monsignor Giuseppe Bicchierai, porta la notizia dello sciopero generale, mentre arrivano informazioni di defezioni di militari e fughe di gerarchi.
Il ministro della Giustizia, Pietro Pisenti, tenta di convincere Mussolini a restare a Milano per attendere l’arrivo degli Alleati e Carlo Silvestri preme su di lui perché metta in atto il suo testamento politico, lasciando ai socialisti il potere.
Nelle primissime ore del pomeriggio il Duce raggiunge l’Arcivescovado, anche per le insistenze dell’industriale Gian Riccardo Cella, su una automobile messagli a disposizione da Schuster, scortato da tanks e autoblinde, accompagnato dal comandante dell’esercito di Salò, Rodolfo Graziani. Per il CVL è presente il comandante Raffaele Cadorna, per il CLNAI Riccardo Lombardi del Partito d’Azione, Achille Marazza della DC e Giustino Arpesanidel Partito Liberale, con il mandato di esigere la resa senza condizioni. Sono presenti anche Francesco Maria Barracu, vicepresidente del consiglio dei Ministri, il ministro repubblichino Paolo Zerbino , il prefetto di Milano Mario Bassi e Vincenzo Costa, segretario federale repubblichino di Milano. Le condizioni di resa animano la discussione, nonostante che Cadorna precisi la volontà degli Alleati di trattare i fascisti come prigionieri di guerra. Quando Graziani annuncia che mai avrebbero firmato un accordo all’insaputa dei tedeschi, di fronte alle prove di Marazza, Cadorna e Shuster di trattative di resa già da tempo avviate dai tedeschi, l’incontro viene interrotto con l’impegno di Mussolini di riprenderlo, dopo un incontro chiarificatore con il viceconsole Wolf. Alle 21 viene comunicato ai presenti in Arcivescovado che Mussolini e Graziani hanno rotto la trattativa e che sono partiti per ignota destinazione.
Uscito Mussolini dalla Curia, raggiungono la riunione Sandro Pertini e poi Emilio Sereni che, sollecitati da Schuster, respingono l’invito del cardinale a bloccare l’insurrezione e ribadiscono la volontà di ottenere, da parte dei fascisti, una resa senza condizioni.
Mussolini, tornato in prefettura, inferocito con i tedeschi che stanno trattando la resa all’insaputa dell’alleato italiano, decide precipitosamente la partenza per Como.
In via Mozart, nella sede del PFR, Alessandro Pavolini comunica a tutti i membri del governo della RSI di concentrasi in prefettura per trasferirsi a Como e di lì raggiungere la Valtellina.
Ferdinando Mezzasoma raggiunge la sede del suo ministero in via Filodrammatici, per informare i suoi collaboratori delle indicazioni ricevute. Due di loro, il sottosegretario Alfredo Cucco e il Capo di Gabinetto Giorgio Almirante, con motivazioni diverse, non aderisco all’invito e si eclissano.
Alle 20 di sera il governo di Salò esce frettolosamente da Milano, scortato da un reparto della “Muti” con carri armati, mentre la radio trasmette un messaggio a tutte le camice nere di concentrarsi a Milano.
In città rimane il ministro della Giustizia, Pietro Pisenti, asserragliato in prefettura in via Monforte, insieme al prefetto Mario Bassi e a Carlo Silvestri,per poi spostarsi alle tre del mattino successivo nel Palazzo della Polizia in via Vivaio e da lì eclissarsi.
Il capo della “Muti” Franco Colombo e il federale di Milano Costa si asserragliano con i loro squadristi in piazza San Sepolcro, dietro una cintura di reticolati e di mitragliatrici dove vengono raggiunti da altri reparti che hanno abbandonato i loro territori, mentre altre formazioni sono bloccate dai partigiani. A mezzanotte il generale Diamanti, comandante della piazza di Milano e responsabile delle truppe della provincia, dirama un telegramma a tutte le brigate e legioni presenti a Milano con l’annuncio che tutte le truppe passano alle dirette competenze del comando germanico per poi sparire. Alla stessa ora Alessandro Pavolini con un dispaccio a Costa, lo invita a dirigersi verso Como, dove è giunto Mussolini e verso le quattro del mattino successivo viene abbandonato il recinto di Piazza San Sepolcro. Per tutta la giornata le autorità repubblichine di Como tentano di passare le consegne a un comitato di notabili in cambio dell’impunità personale. Così il prefetto Celio, il questore Pozzoli e il colonnello Vanini, comandante della piazza fanno di tutto per convincere Mussolini ad andarsene. Nel mezzo della notte, sconsolato a avvilito, il duce fugge da Como, trascinandosi dietro un codazzo litigioso e disperato di ministri e alti ufficiali, senza curarsi di aspettare la colonna con cui andare in Valtellina e lasciando quasi tutti i parenti che lo avevano seguito fino a lì.
Nel frattempo, all’alba del 26 aprile, quel che resta del partito fascista con le formazioni armate decise a non arrendersi abbandona Milano e imbocca l’autostrada in Corso Sempione inseguita dalle scariche di fucileria dei partigiani.
(10 maggio 2019)
Fonti:
Pietro Secchia, Aldo dice: 26 x 1 Cronistoria del 25 aprile 1945, Milano, Feltrinelli, 1963
Pier Giuseppe Murgia, Il vento del Nord, Milano, SUGARCo Se EDIZIONI, 1975
Denis Mack Smith, Mussolini, Milano, Rizzoli, 1983
Gianni Bisiach, Pertini racconta gli anni 1915-1945, Milano, Mondadori, 1983
Commenta per primo