GUERRA CIVILE GRECA 1946-1949
Antefatti
Non appena iniziò la ritirata delle forze dell’Asse nel settembre 1944, si pose immediatamente il problema dell’assetto futuro della Grecia: repubblica, come esigevano una buona parte delle forze politiche della resistenza o monarchia, come voluto fortemente dagli Alleati, soprattutto dalla Gran Bretagna.
Fu questo l’elemento scatenante la guerra civile, anche se il vero problema era l’appartenenza della Grecia al blocco occidentale o a quello sovietico.
Il paese ellenico, secondo gli accordi di Yalta,[1] doveva rimanere sotto l’influenza dell’occidente capitalistico, nonostante l’egemonia pressoché assoluta della componente comunista nella resistenza antinazista.
Contestualmente alla ritirata delle truppe tedesche, alla fine del 1944 sbarcarono in Grecia truppe britanniche, accompagnate da formazioni dell’esercito greco che avevano combattuto al loro fianco in Medio Oriente. Il 3 ottobre {3 dicembre} 1944 fu indetta dal KKE una manifestazione per chiedere le dimissioni di Georgios Pandrendreou, che era a capo di un governo monarchico insediato dai britannici, che comprendeva anche il KKE, ma i cui ministri erano dimissionari per il mancato accoglimento di dicasteri più importanti affidati a comunisti. La manifestazione, prima autorizzata, poi vietata, per quanto fondamentalmente pacifica, fu repressa nel sangue dalle truppe britanniche, che uccisero decine di persone e ne ferirono qualche centinaio. Il 25 dicembre 1944 fu raggiunta una mediazione con l’affidamento della reggenza della Corona all’arcivescovo Damaskinos Papandreou, che nominò capo del governo Nikolaos Plastiras, presidente onorario dell’EDES, che stipulò un accordo con ELAS a Varkiza, un sobborgo di Atene, che prevedeva lo svolgimento di un referendum sul ritorno del re Georgios II, libere elezioni e il disarmo dei partigiani. In cambio della mancata partecipazione al governo sarebbe stata concessa una amnistia per i cosiddetti reati politici, ma non per reati comuni, che furono sistematicamente perseguiti nelle file dei partigiani comunisti.
Dall’ottobre 1944 fino alle elezioni del novembre 1952 la Grecia visse un periodo di grande instabilità politica, con il succedersi di una ventina di gabinetti ministeriali, con una media di sopravvivenza di circa sei mesi ciascuno. Maggioranze friabili non riuscirono ad avviare il risanamento sociale ed economico del paese né a garantire il comando e la ricostruzione. Gran parte della lotta contro i comunisti fu coordinata da una struttura segreta attiva nella dirigenza delle forze armate, chiamata Fascio Sacro {Sacra Alleanza} degli Ufficiali Greci (Ieros Desmos Ellinon Axiomatikon IDEA), i cui primi nuclei erano nati nel 1943 al Cairo, dove aveva sede il governo greco in esilio, all’interno dei contingenti delle forze armate greche che avevano trovato riparo in Medio Oriente e combattevano al fianco degli Alleati. L’IDEA di fatto, con un controllo sistematico sugli alti quadri delle forze armate, ebbe modo di sperimentare una lotta al comunismo più efficace di quella ritenuta troppo blanda da parte del potere politico. L’IDEA sopperì alla mancanza di un regime militare, malvoluto dagli USA, autoproclamatisi paladini di una lotta al comunismo in nome della libertà e della democrazia. Tra i cospiratori dell’IDEA, che nel dopoguerra godeva del sostegno incondizionato sia del Palazzo Reale che degli USA, ci furono i colonnelli protagonisti del golpe del 21 aprile 1967.[2]
Per sostenere la scelta monarchica nel referendum e per poter vincere le elezioni, proclamate per l’anno 1946, si diede carta bianca alle formazioni armate a suo tempo collaborazioniste con i nazisti e bande di fascisti, estremisti di ogni risma e delinquenti comuni scatenarono una ondata di terrore in Grecia, mettendo a ferro e fuoco ogni cosa che ricordasse la sinistra e la resistenza antinazista. A pochi mesi dalla firma degli accordi di Varkiza, si registrarono 1289 esecuzioni, 509 tentati omicidi, 6671 ferimenti, 31.632 casi di tortura, mentre si contarono a decine le distruzioni e i saccheggi, tutti rimasti impuniti.
Tutto questo costrinse una gran parte dei partigiani comunisti a nascondersi in montagna e il KKE ad astenersi nelle elezioni del marzo 1946 (vinte dalla destra e dai liberali, con un astensionismo di circa il 40%) e nel referendum del settembre dello stesso anno, che vide la vittoria della monarchia, anche se con il sospetto di gravi brogli.
Le forze in campo
Sin dal 1944 l’intero territorio interno della Grecia era amministrato da istituzioni locali quasi tutte egemonizzate dai comunisti, mentre il governo centrale controllava le isole, le zone costiere e le pianure, soprattutto grazie al supporto dell’esercito britannico. Al momento dello scoppio della guerra civile nei primi mesi del 1946, i comunisti, arroccati nelle zone montagnose del nord, riorganizzarono l’ELAS in Esercito Democratico Greco (DSE), proclamarono la repubblica, non riconoscendo la monarchia confermata dal referendum del settembre 1945, nominarono nel 1947 un governo provvisorio guidato da Markos Vafeiadis[3]ed ottennero il sostegno dei partigiani del NOF, provenienti da Jugoslavia, Albania e Bulgaria. I macedoni di cittadinanza greca ma di lingua slava rappresentarono un terzo dei combattenti.
Il Governo provvisorio controllava politicamente e militarmente circa il 70% del territorio greco, da Evros al Peloponneso, con un parziale controllo delle montagne e della maggior parte delle isole. Il DSE contava circa 50.000 combattenti e una forte rete di simpatizzanti nelle zone rurali e montuose, con il quartier generale sul monte Vitsi, vicino ai confini con la Jugoslavia e due centrali operative regionali sul Monte Pindo, nella Grecia centrale e nel monte Taigeto nel Peloponneso.
Il governo monarchico era asserragliato ad Atene e nelle principali città e controllava le grandi pianure della Tessaglia e di Tessalonica.
I fatti principali
Il governo monarchico lanciò nel primo anno diversi attacchi contro le regioni controllate dal governo repubblicano senza successo, ritirandosi senza gravi perdite i guerriglieri comunisti per poi riguadagnare le posizioni perdute.
Nel febbraio 1947 il governo britannico annunciò che a causa della grave situazione finanziaria del paese non era più in grado di assistere il governo monarchico e subentrarono gli Stati Uniti[4] per garantire gli approvvigionamenti militari, rafforzando così il giovane re Paolo.
Il 16 giugno 1948 ebbe luogo sui monti Grammos una delle maggiori battaglie della Guerra civile greca, quando 100.000 soldati governativi attaccarono 12.000 combattenti del DSE, che però dopo due mesi riuscirono a rompere l’accerchiamento e ricongiungersi con altre formazioni a Vitsi. Questo scontro seguì di poco una disastrosa sconfitta delle forze del DSE nel Peloponneso, dove la III divisione, non riuscendo a ricevere aiuti dal quartier generale, fu completamente annientata con oltre 20.000 caduti in combattimento.
Il governo monarchico riuscì così a prendere il controllo di tutta la Grecia meridionale, un territorio molto vasto e di notevole importanza politica ed economica. Nei mesi successivi i contrattacchi del DSE, di nuovo rifornito di armi, non ebbero successo.
La svolta nella Guerra civile greca fu segnata dalla rottura politica tra Stalin e Tito, che portò alla destituzione del comandante e capo politico Markos Vafeiadis, posto agli arresti domiciliari in URSS e alla cessazione degli aiuti jugoslavi, essendosi il KKE schierato con Mosca. Privo di armi e mezzi, dilaniato da una feroce guerra interna per l’eliminazione degli elementi titoisti, il DSE non riuscì a contrastare efficacemente una nuova controffensiva del generale monarchico Alexander Papagos, subendo gravi perdite. Nel mese di settembre 1949 le maggiori unità si ritirarono in Albania, che negò loro rinforzi e armamenti, mentre circa mille combattenti della Grecia meridionale ripararono nei paesi dell’Europa orientale. Il comando generale del DSE fu trasferito a Tashkent in Uzbekistan, dove rimase per altri tre anni, prima di essere sciolto Il 16 ottobre 1949 il comandante Nikos Zachariadis, subentrato a Vafiadis, annunciò il cessate il fuoco.
La fine della Guerra civile greca segnò la nascita di un particolare regime di democrazia anemica e fortemente autoritaria imposta dalle forze monarchiche vincitrici e che sarà alle origini del colpo di stato del 21 aprile 1967.
(20 marzo 2020)
Fonti:
Nerio Minuzzo, Quando arrivano i colonnelli Rapporto dalla Grecia, Milano, Bompiani, 1970
Dimitri Deliolanes, Colonnelli Il regime militare greco e la strategia del terrore in Italia, Roma, Fandango, 2019
Wikipedia, Guerra civile greca, 26 febbraio 2020
Wikipedia, Markos Vafeiadis, 28 febbraio 2020
[1] Nel febbraio 1945, Roosevelt, Stalin e Churchill, in rappresentanza dei loro paesi, di fatto già vincitori della Seconda guerra mondiale, concordarono a Yalta un nuovo ordine mondiale, in cui l’autonomia dei singoli paesi era ormai inesorabilmente condizionata dalla loro posizione geografica e dalla loro importanza strategica.
[2] All’inizio degli anni sessanta del Novecento l’IDEA si spinse molto al di là dell’ambito militare, ingerendo nella vita politica, avendo stretti contatti con la corte, soprattutto con la regina Federica e contando sull’appoggio di uomini politici, industriali e alti magistrati. Fu a proposito di questa organizzazione che venne usata per la prima volta in Grecia una parola presa in prestito dalla lingua spagnola e dalla terminologia politica sudamericana: junta.
[3] Nato a Erzurum nel 1906, dopo la catastrofe greca in Asia Minore del 1922, emigrò a Salonicco ed aderì alla Federazione dei giovani comunisti (Okne) e per la sua attività politica fu incarcerato e mandato in esilio fino al 1933, quando riprese il suo impegno in tutto il paese. Sotto la dittatura di Metaxas fu di nuovo arrestato ed esiliato prima nell’isola di Agios Efstratios e poi di Gavdos. Al momento dell’invasione nazista della Grecia nel 1941 aderì alla Resistenza e l’anno successivo fu eletto nel Comitato Centrale del KKE e nominato supervisore dell’ala macedone dell’ELAS. Nonostante in disaccordo con Nikolaos Zachariadis, segretario generale del KKE, fu da lui nominato nel 1946 comandante del DSE e primo ministro e ministro della guerra nel Governo Democratico Provvisorio. Nell’agosto del 1948 fu esonerato dai suoi incarichi di capo militare e leader politico, ed espulso nel 1950 dal KKE mentre si trovava in URSS. Rientrato nel partito alla fine dell’era staliniana fu di nuovo espulso nel 1964 e riammesso nel 1968 nel KKE dell’Interno. Rientrato in Grecia dall’URSS nel 1983 fu eletto parlamentare nelle fila del PASOK nel novembre 1989 e nell’aprile 1990. Morì ad Atene nel 1992.
[4] Il 12 marzo 1947, davanti al Congresso USA riunito in seduta plenaria, l presidente Harry Truman chiese uno stanziamento straordinario di 400 milioni di dollari per aiuti economici e militari alla Grecia e alla Turchia. Nacque così la “dottrina Truman”, conseguenza della nuova politica internazionale stabilita a Yalta, in cui la Grecia, chiusa a settentrione da tre paesi appartenenti al blocco sovietico, diventava un punto cardine della difesa occidentale, uscendo dalla zona di influenza britannica per entrare in quella statunitense. La Grecia divenne un protettorato di nuovo tipo, dipendente direttamente dal Pentagono e dal Dipartimento di Stato americano, amministrato secondo le esigenze della strategia occidentale, sia sul piano economico che su quello politico.
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