Nacque in Arcadia da una famiglia molto povera e numerosa. Da ragazzo correva molto veloce, segnando tempi eccezionali sui cento metri e segnalato per questa sua qualità, trasferitosi ad Atene per diventare un atleta, riuscì anche a studiare e a diventare medico ginecologo.
Nel 1961 venne eletto deputato alla Camera, come indipendente di sinistra, non essendo né un comunista né un marxista. Si impegnò nel movimento pacifista greco, predicando il disarmo e la fine della violenza, acquistando grande consenso popolare, ma anche l’ostilità del primo ministro Karamanlis, della regina Federica, dei militari e dell’ambasciatore americano.
Nell’aprile 1963 fu coinvolto a Londra, dove era in visita ufficiale la regina Federica, in un incidente tra la regina e la moglie britannica di un detenuto politico greco[1], che aveva insistentemente chiesto di essere ricevuta per perorare la causa del marito. La regina accusò Lambrakis di essere l’organizzatore e il sobillatore della protesta e il governo greco si allineò su questa posizione, facendo di Lambrakis il responsabile di un oltraggio, ritenuto inaudito, alla Casa Reale.
Il 22 {27} maggio 1963, mentre era a Salonicco per un comizio pacifista, fortemente contestato da gruppi di estrema destra, era stato aggredito e un deputato suo amico, Georgios Tsarukas, era stato gravemente ferito, con la polizia presente senza intervenire. Dopo il comizio, mentre Lambrakis attraversava la strada, tra via Ermu e via Venizelu, per protestare con il capo della gendarmeria per il comportamento delle forze dell’ordine, da un motofurgoncino un uomo si sporse per colpire il deputato alla testa con una sbarra di ferro.
Lambrakis morì quattro giorni dopo senza riprendere conoscenza e la polizia tentò di derubricare l’accaduto a incidente stradale, ma la tesi del complotto si diffuse rapidamente tra l’opinione pubblica, coinvolgendo anche il parlamento greco e lo stesso governo Karamanlis, che venne costretto a rassegnare le dimissioni, nonostante si fosse sempre dichiarato estraneo al delitto, negando anche ogni responsabilità morale.
L’assassinio di Lambrakis divenne un clamoroso caso giudiziario, di competenza del giudice istruttore Christos Sartzetakis[2].
Furono immediatamente arrestati, grazie all’intervento dei sostenitori di Lanbrakis, come esecutore dell’aggressione Spyros Gotzamanis, collaborazionista dei nazisti, esponente del Gruppo Resistenza Nazionale e pluripregiudicato ed Emmanouil Emmanouelidis, autista del mezzo coinvolto, anche lui collaborazionista, attivista di estrema destra e informatore della gendarmeria.
Nonostante le intimidazioni e le pressioni, anche di alte personalità dello Stato, finalizzate ad insabbiare l’inchiesta o perlomeno a sviarla, il giudice continuò le indagini, fino al rinvio a giudizio, oltre dei due sicari, come mandante di Xenofon Yosmas[3] e per complicità il generale Konstantinos Mitzu[4], capo della gendarmeria della Grecia settentrionale e il colonnello Efthimios Kamutsis, comandante della gendarmeria di Salonicco.[5]
Il processo cominciò nell’ottobre 1966, con un governo di destra, dopo che il re aveva licenziato nel 1965 il primo ministro Georgios Papandreu. Si concluse tre mesi dopo, con l’esclusione della premeditazione, lievi condanne per i due esecutori (8 anni e 6 mesi con l’accusa di lesioni gravi), pochi mesi di prigione per il mandante e l’assoluzione dei militari.
Dopo il colpo di stato del 21 aprile 1967 furono rimessi in libertà i due assassini di Lambrakis, mentre da tempo era uscito di prigione Yosmas e furono riabilitati tutti gli ufficiali messi sotto accusa da Sartzetakis. Fu invece condannato a tre anni di carcere il giornalista Georgios Bertsos, collaboratore delle indagini del giudice istruttore, al tempo inviato del quotidiano “Eleftheria”, poi addetto stampa di Papandreu. Mentre l’amico di Lambrakis, Georgios Tsarukas, ferito gravemente in quei giorni a Salonicco, arrestato l’8 maggio 1968 morì nel trasporto in auto ad Atene, ufficialmente per crisi cardiaca, ma con evidenti segni di violenza sul corpo.
(20 marzo 2020)
Fonti:
Nerio Minuzzo, Quando arrivano i colonnelli Rapporto dalla Grecia, Milano, Bompiani, 1970
Dimitri Deliolianes, Colonnelli Il regime militare greco e la strategia del terrore in Italia, Roma, Fandango, 2019
[1] Antonis Abatelios, comunista, dirigente del sindacato dei marittimi, in carcere dal 1949.
[2] Nato nell’isola di Creta, ambizioso, politicamente moderato, figlio di un colonnello della gendarmeria a riposo. Entrato giovanissimo in carriera, aveva vinto tutti i concorsi, ed era, trentaquattrenne, da appena tre settimane a Salonicco, quando ricevette, l’incarico di indagare sulla morte di Lambrakis. Dopo aver conclusa la lunga istruttoria continuò il suo lavoro a Salonicco, ma nel gennaio 1965 chiese una aspettativa di tre anni per sfuggire ad una atmosfera per lui insopportabile e seguì a Parigi alcuni corsi di Diritto. Tornato in Grecia nel 1968, riprese possesso del suo incarico “naturale” a Salonicco, ma fu licenziato da un provvedimento emesso dalla Giunta Militare.
[3] Durante la Seconda guerra mondiale fondò l’Esercito Nazionale Greco, armato e finanziato dai tedeschi e vi collocò come comandante un feroce criminale, il colonnello Poulos. Per la sua attività collaborazionista Yosmas ottenne il privilegio di arruolarsi nella Wehrmacht con il grado di sottotenente., distinguendosi nella repressione antipartigiana. Avendo seguito l’esercito tedesco nella ritirata nel 1944, fu nominato ministro della Propaganda nel governo greco collaborazionista di Ektor Tsironikos, in esilio a Vienna. Dopo la guerra fu condannato a morte, insieme a Poulos, ma venne graziato nel 1952 e, riacquistata la libertà, fondò il gruppo Resistenza Nazionale, mantenendo stretti legami con la gendarmeria di Salonicco.
[4] Ex comandante della Guardia Reale e per questo uomo di fiducia della regina Federica.
[5] Durante la rivolta del Politecnico nel 1973 coordinò le contromanifestazioni attorno alla facoltà occupata, che precedettero e accompagnarono l’operazione militare di sgombero.
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