Andreas Papandreou

Nel 1936 {1937}, studente diciassettenne {diciottenne} di giurisprudenza nell’Università di Atene, aderì a un gruppo clandestino trotzkista, del quale facevano parte Cornelius Castoriadis e Michalis Raptis[1]. La polizia del dittatore Ioannis Metaxas riuscì a smantellare il gruppo e arrestare i componenti, tra cui Andreas che restò in carcere pochi giorni, grazie all’interessamento del padre Georgios, allora deputato liberale. Nel 1941, nuovamente arrestato ed espulso, espatriò negli USA, dove continuò gli studi nell’università di Harvard e dove intraprese la carriera universitaria. Nel 1944 acquisì la cittadinanza americana e prestò il servizio militare in marina.
Ritornò in Grecia nel {1959} 1960 invitato dal premier Karamanlis come consigliere della Banca di Grecia, visto il suo curriculum di brillante economista. Nel 1961 fu nominato direttore di un Centro di ricerche economiche fondato appositamente.
Nel 1964, dopo aver rinunciato alla cittadinanza americana, fece il suo ingresso in parlamento, eletto in Acaia nelle file dell’Unione di Centro, il partito del padre, e subito dopo nominato ministro della Presidenza del Consiglio e successivamente vice ministro del Coordinamento Economico.
Le sue idee di modernizzazione della vita politica greca con il proposito di liberare il paese dal pressante condizionamento statunitense lo mise subito in contrasto con Washington, tanto da essere considerato un nemico dell’America e un pericoloso comunista.
Il 21 aprile 1967 fu arrestato in maniera rocambolesca, in quanto, nascostosi in terrazza armato di rivoltella, si era arreso solo dopo che i militari avevano minacciato di uccidere il figlio Georgios.
Scarcerato il 15 gennaio 1968, su insistente pressione del governo americano, si stabilì in Svezia, dopo una brevissima permanenza a Parigi. Il 28 febbraio 1968 fondò a Stoccolma il Movimento Panellenico di Liberazione (PAK), senza però rinunciare alla qualifica di rappresentante all’estero dell’Unione di Centro. Nel marzo 1969 fece una visita ufficiale in Italia e venne ricevuta da Pietro Nenni, non nella sua veste di ministro degli Esteri ma di leader del Partito Socialista Italiano, dopo una pressante iniziativa diplomatica sia del ministro degli Esteri greco sia dell’Ambasciata greca a Roma, non priva di toni minacciosi nei confronti dell’Italia, soprattutto dopo le parole di Nenni, pronunciate di fronte all’ambasciatore greco riguardo al rispetto dei principi ideologici di libertà e di democrazia che vincolavano i paesi che aderivano all’ONU, alla NATO e al Consiglio d’Europa.
Andreas Papandreou visitò ripetutamente Copenaghen e Oslo, per sollecitare i rispettivi governi socialisti a porre il problema della permanenza della Grecia nella NATO, per l’incompatibilità tra il regime e i principi fondativi dell’Alleanza.
Nel luglio 1968 rivolse un appello pubblico a tutti i democratici, in primis a Karamanlis, per una presa di posizione comune di fronte al referendum farsa del regime. A questo appello rispose solo Antonis Brillakis, leader del Partito Comunista dell’Interno e ai primi di agosto dello stesso anno fu firmato un accordo di coordinamento delle attività di resistenza fra il PAK e il PAM, che fu privo di effetti sul piano pratico, ma fu un ostacolo per Andreas Papandreou al fine di interloquire con i politici moderati.
Nel 1969 Andreas Papandreou iniziò a radicalizzare a sinistra le sue posizioni. Polemizzò aspramente con l’”establishment americano” e con i moderati greci, abbandonando la sua qualifica di rappresentante all’estero dell’Unione di Centro e concentrandosi nelle attività del PAK. Entrato in contatto con il mondo neomarxista nato intorno all’economista statunitense Paul Sweezy, collaborò alla rivista Monthly Review.
Dopo la caduta della giunta militare nel 1974, tardò a rientrare in Grecia, dove nel frattempo era stato nominato capo di un governo di unità nazionale Kostantinos Karamanlis e abbandonò il Canadà, dove risiedeva, per le sollecitazioni dei militanti del partito del padre, che lo volevano protagonista della nuova stagione politica. Il 6 agosto 1974 fu convocato in Svizzera, per scioglierlo, il Consiglio Nazionale del PAK e il 16 agosto atterrò con la famiglia e i principali collaboratori all’aeroporto di Atene, accolto da una immensa folla. Il 3 settembre annunciò la fondazione del Movimento Socialista Panellenico (PASOK) assumendone la carica di presidente e nel 1981 divenne primo ministro dopo che il suo partito aveva ottenuto il 48 % dei consensi elettorali. Non riuscì a ridimensionare l’influenza USA sulla Grecia, fu costretto a gestire un difficile contrasto con la vicina Turchia, intenzionata a rivendicare attività estrattive nel mare greco e promosse riforme sociali, aggravando però il già pesante debito pubblico del proprio paese.
Nel 1988, in precarie condizioni di salute, con gravi problemi familiari e coinvolto nello scandalo Koskotas[2], Andreas Papandreou non riuscì ad arrestare né il suo declino fisico né quello politico. 
Nel 1989 il suo partito perse la maggioranza e l’anno dopo lo schieramento avversario, Nea Demokratia, vinse le elezioni e il suo leader, Costantino Mitsotakis, fu nominato primo ministro. Nonostante le difficoltà politiche e le vicende giudiziarie conseguenti all’affare Koskotas, l’anziano leader, assolto in tribunale, fu di nuovo nominato primo ministro, in sostituzione di Mitsotakis, una volta che questi fu sfiduciato in parlamento, ma prevalsero ragioni di salute e fu costretto alle dimissioni per poi morire sei mesi dopo.
La sua eredità politica fu raccolta dal figlio Georgios, ministro degli Esteri nel governo di Kostas Simitis, succeduto al padre, fino alla sconfitta elettorale di quest’ultimo nel 2004. Georgios Papandreou sarà poi dal 2004 al 20012 leader del partito fondato da Andreas e primo ministro di Grecia dal 2009 al 2011. 

(13 marzo 2020)


Fonti:

Dimitri Deliolanes, Colonnelli Il regime militare greco e la strategia del terrore in Italia, Roma, Fandango, 2019

Wikipedia, Andreas Papandreou, 13 marzo 2020

[1] Noto negli ambienti di sinistra con lo pseudonimo di Michel Pablo. All’epoca di Metaxas fu mandato al confine con la futura moglie, da dove riuscì ad espatriare e partecipare al congresso fondativo della Quarta Internazionale trotzkista a Parigi nel 1938, diventandone il segretario dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Fu uno dei più attivi sostenitori della lotta anticoloniale del FLN algerino. Dopo il colpo di stato in Grecia fondò a Parigi una rivista in lingua greca denominata “Antistasi” (Resistenza), mettendo a disposizione dell’opposizione democratica la sua rete di conoscenze e di contatti. Parallelamente sostenne, con invio di armi e di munizioni la sinistra cipriota, in particolare il Partito Socialista EDEK, che organizzava la guardia armata dell’arcivescovo Makarios.

[2] Finanziere arricchitosi negli Stati Uniti, dove era emigrato poverissimo. Divenuto banchiere, patròn della squadra di calcio Olimpiakòs ed editore di molti quotidiani, fu accusato dalla stampa concorrente di metodo mafioso e di concorrenza sleale, godendo dell’appoggio esplicito di ambienti governativi e dello stesso premier. Sottrattosi Koskotas con la fuga all’estero alle indagini della magistratura, arrestato negli USA, confermò dal carcere americano le accuse a Papandreou, riguardo a finanziamenti illeciti per la sua casa editrice, ottenuti anche grazie a speculazioni finanziarie compiacenti della banca i cui era consigliere.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*