Alexandros Panagoulis, detto Alekos, nato nel 1939, figlio di un colonnello dell’esercito in pensione, attivista dell’Organizzazione giovanile dell’Unione di Centro (ONEK), laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Atene, dopo il colpo di Stato del 21 aprile disertò dall’esercito e fuggì all’estero, dove entrò in contatto con il PAK.
Alekos Panagoulis concepì il progetto di un attentato contro Georgios Papadopoulos dopo l’assassinio del fratello maggiore Georgios,[1] in contatto con studenti ciprioti che studiavano nelle università greche, dal momento che a Cipro era molto attivo un comitato per il ritorno della democrazia in Grecia. Nell’isola Panagulis conobbe il ministro dell’interno della Repubblica Giorkadijs,[2], che facilitò l’oppositore non solo politicamente ma anche militarmente, mettendogli a disposizione materiale da guerra, di cui poteva disporre per i suo trascorsi di guerrigliero.
I preparativi iniziarono in Italia dove studiava il fratello Stathis, attraverso continui viaggi fra Roma, vera base operativa del gruppo di Panagoulis (Resistenza Greca) e Atene, con tappe a Nicosia. L’operazione fu sostenuta generosamente dai democratici italiani, in particolare dai socialisti, anche se non riuscì la piena collaborazione con il PAK di Andreas Papandreou, per le profonde divergenze sul carattere da dare alla lotta per la democrazia e per l’incompatibilità tra le due personalità.
L’attentato fo organizzato per il giorno 13 agosto 1968 sulla strada litoranea che da Capo Sunion collega Atene ed aveva come bersaglio l’auto di Papadopoulos, preceduta da una macchina della sicurezza e da alcuni motociclisti. Panagoulis sistemò due pacchi di tritolo, uno all’entrata e uno all’uscita di una curva, ma sbagliò nel collegare i cavi dei detonatori, per cui la prima carica esplose in ritardo mentre la seconda non esplose affatto. Le due macchine che avrebbero dovuto portare in salvo l’attentatore non rispettarono i tempi e si allontanarono subito e Panagoulis fu immediatamente arrestato e torturato dal maggiore Theophilos Theophiloyiannakos, che così scoprì i rapporti con Giorkadijs e potè smantellare il piccolo gruppo cospirativo cipriota.
Il processo contro Panagoulis e altri imputati minori cominciò il 4 novembre 1968, davanti al tribunale militare straordinario di Atene, con tutti gli imputati reo confessi, in seguito alle torture subite nei locali della polizia, in particolare alla base militare di Dionyssos. E il 17 novembre fu emessa la sentenza, nei confronti di Panagoulis, di condanna a morte, con il trasferimento del condannato nell’isola di Egina. Per le pressioni della comunità internazionale l’esecuzione fu sospesa provvisoriamente e Panagoulis fu traferito nella prigione militare di Boyati, e per punire i suoi tentativi di fuga, fu rinchiuso in una piccola cella seminterrata, in isolamento totale.
Nei suoi confronti non venne meno un forte movimento di solidarietà in Italia, soprattutto dopo la sua condanna a morte. Anche dopo la sospensione della condanna il sostegno dei democratici italiani non si arrestò, tanto che il fratello Stathis potè recarsi sistematicamente in Grecia, grazie a passaporti prestati da italiani.
{L’11 agosto 1972, il fratello insieme alla socialista italiana Lorna Caviglia Briffa, organizzò l’evasione di Alekos da Boyati, terminato con l’arresto di entrambi e con la cattura di Alekos ad Atene dopo tre giorni e tre notti.}
Dopo l’amnistia dell’ottobre 1973 i due fratelli Panagoulis ripararono in Italia, Alekos a Firenze, nella casa di campagna della giornalista Oriana Fallaci, divenuta la sua compagna di vita.
Dopo la caduta del regime dei Colonnelli nel 1974 si presentò alle elezioni con l’Unione di Centro-Nuove Forze (RK-ND), un partito di ispirazione liberale e progressista, guidato da Georgios Papandreou e venne eletto nel collegio di Atene per rompere subito dopo con la leadership del partito, in seguito alla mancata epurazione di collaborazionisti con la Giunta militare. Rimasto deputato indipendente continuò la sua ricerca sui misfatti dei Colonnelli e dei loro complici, ancora attivi e presenti nella vita politica greca, subendo pressioni e minacce.
Morì nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 1976, in un misterioso incidente stradale, mentre ritornava a Glifada, sua città natale, nei dintorni di Atene.
I suoi funerali furono la più grande manifestazione di popolo della storia greca, con la partecipazione di oltre un milione e mezzo di persone.
(20 marzo 2020)
Fonti:
Nerio Minuzzo, Quando arrivano i colonnelli Rapporto dalla Grecia, Milano, Bompiani, 1970
Dimitri Deliolianes, Colonnelli Il regime militare greco e la strategia del terrore in Italia, Roma, Fandango, 2019
Wikipedia, Alexandros Panagulis, 16 marzo 2020.
[1] Capitano delle truppe d’assalto dell’esercito, disertò dopo il colpo di Stato del 21 aprile. Dopo aver attraversato la Turchia e la Siria, cercò rifugio in Israele, ma fu arrestato e consegnato ad agenti del KYP per essere riportato in Grecia. Durante il viaggio di ritorno sul traghetto Anna Maria Queen, nonostante fosse incatenato e chiuso in una cabina della nave, a poche miglia dal porto del Pireo, sparì misteriosamente e il suo corpo non fu più trovato.
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