Quando è che l’orgoglio, da legittima coscienza e fierezza
dei propri meriti e delle proprie capacità diventa una esagerata valutazione
delle stesse per cui ci si considera superiori agli altri in tutto e per tutto,
diventando boria, superbia, alterigia? Quando incrocia la paura, un intenso
turbamento misto a preoccupazione ed inquietudine per qualcosa che può produrre
gravi danni o costituire un pericolo attuale o futuro.
Questo qualcosa in Italia, e non solo in Italia, è stata la crisi economico
finanziaria del 2008, seguita, senza discontinuità, dalla pandemia da
coronarovirus, che hanno azzerato certezze relative alla collocazione sociale
di interi gruppi e classi sociali, hanno messo in discussione sistemi e
gerarchie di valori, fino a smantellare già traballanti schemi ideologici,
salvifici e progressivi.
Ne hanno fatto le spese istituzioni pubbliche, partiti e organizzazioni
storiche, alleanze politiche consolidate e i relativi patti sociali.
Soprattutto sono entrate in crisi l’autorevolezza e la credibilità delle
istituzioni pubbliche e si è evidenziata la fragilità di un sistema di welfare
solidaristico e universale, troppo bistrattato e mortificato. Tutti elementi
che apparivano meriti e capacità tutte italiane, almeno europee, e quindi
meritevoli di lode, stima e ricompensa.
Averli scoperti come strumenti inadeguati ed inefficaci, e, anziché motivi di
orgoglio, occasione di commiserazione se non di condanna, ha gettato gli
italiani in uno stato confusionale, aggravando una disistima già largamente incistata,
ingenerando rancore e sospetti.
Dall’orgoglio di essere gli inventori del sistema bancario, dall’essere la
quinta potenza industriale del pianeta, dall’essere i primi in Europa per la
gestione e il controllo della pandemia grazie anche al Servizio Sanitario
migliore del mondo, gli italiani sono passati alla consapevolezza di avere un
sistema finanziario pachidermico e inefficiente, di essere una democrazia
rappresentativa debole e inadeguata, di avere il tasso di mortalità per Covid
più alto d’Europa e di non saper impedire il tracollo sanitario e sociale della
seconda ondata della pandemia.
Questo stato confusionale è il terreno di conquista di seminatori d’odio, di
politici e di esperti improvvisati, di politiche sempre emergenziali e mai
programmate, di fake news, di inganni, di false promesse, di irreali
rassicurazioni. Ingenera una dialettica politica fasulla, una contrapposizione
di toni e non di contenuti, contraddizioni istituzionali fratricide, ma
soprattutto alimenta un senso di solitudine individuale regressivo e
depressivo.
Gli italiani non devono essere orgogliosi di esserlo, devono essere contenti.
Contenti della storia millenaria della penisola, della sua bellezza ambientale
e artistica, della civiltà dei suoi territori, del benessere diffuso, delle
conquiste sociali, dell’umanità delle sue genti.
Se a questa contentezza si aggiungesse una unità di intenti, una concordia di
volontà, una valorizzazione dei saperi, la paura sarebbe sconfitta e con essa
il Covid.
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