Un giorno dopo l’altro
Il tempo se ne va
Le strade sempre uguali
Le stesse case
…
E la speranza ormai è un’abitudine
Così cantava Luigi Tenco nel 1966. Dopo poco meno di
sessanta anni la situazione esistenziale non sembra cambiata.
Viviamo in una attesa continua di novità nel campo della pandemia da
coronavirus, di cambiamenti epidemiologici, di nuove terapie e di nuovi
antidoti. Contiamo i giorni, se non le ore, tra un bollettino e l’altro, tra un
DPCM e l’altro, tra un telegiornale e un talk show.
L’approssimarsi delle festività natalizie ci renderà, se non più tristi,
sicuramente più nervosi, meno disponibili, più impazienti.
E’ impossibile programmare un viaggio, una cena tra amici, un incontro
ravvicinato.
E’ difficile concepire una socialità che non sia chiassosa, rumorosa,
esibizionista.
E’ al di fuori di molti di noi immaginare una condizione che non preveda anche
un avere, magari effimero, transitorio, aleatorio.
Appaiono patetiche le dichiarazioni di chi vede nella pandemia una occasione di
cambiamento profondo delle relazioni sociali, degli stili di vita individuali,
dei comportamenti collettivi, perché la maggioranza sembra aspirare ad un
ritorno al pre covid, allo status quo rassicurante della fase prepandemica, ai
rituali sociali consumistici e di massa.
D’altronde, negli ultimi anni, se non decenni, c’è stata una pedagogia del
cambiamento, una aspirazione ad altro oltre l’esistente, un progetto e un
programma di liberazione dal bisogno, un programma di emancipazione individuale
e collettivo? O c’è stata la pratica della demonizzazione dell’altro,
l’esaltazione della propria individualità a scapito di una identità collettiva,
la negazione del bene comune a vantaggio del bene privato?
Abbiamo mai prefigurato nei nostri rapporti, nelle nostre relazioni, nel nostro
agire sociale una concreta messa in discussione di condizioni violente, una
possibile negazione di prevaricazioni, un reale superamento dello sfruttamento?
Siamo stati educati a farlo? Ci è stata data questa possibilità?
Rimane solo quella che ormai appare come l’unico paradiso in terra: la
speranza.
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