Ha vinto Joe Biden o ha perso Donald Trump? Molto
probabilmente sono valide entrambi le ipotesi. Ma la domanda è legittima, anche
per capire quale sarà l’evoluzione o l’involuzione del panorama politico
statunitense nei prossimi mesi se non anni.
Se Joe Biden ha conquistato matematicamente più voti dell’avversario ed
ha la maggioranza dei “grandi elettori” per essere confermato presidente, non
ha certo conquistato la stragrande maggioranza degli elettori, anche se sembra
essere il candidato più votato della storia USA. Non ha comunque guidato
una”Onda Blu” che, secondo i pronostici, avrebbe travolto il trumpismo, che si
rivela essere vivo e vegeto, largamente ancorato alle zone rurali e alla
“working class” del Middle West. La stessa grande partecipazione al voto (circa
160 milioni di cittadini, il 67% degli aventi diritto) ha premiato entrambi gli
schieramenti, entrambi mobilitati in massa, tanto che Trump ha chiuso il suo
mandato con lo stesso livello di consensi con cui aveva iniziato. Il suo stile
aggressivo, irruento, offensivo, politicamente non corretto, non sembra averlo
premiato nell’elettorato colto, istruito, informato, urbano, ma ha funzionato e
funziona nella sua ancora grande, anche se oggi minoritaria, base elettorale,
che ne apprezza la spregiudicatezza politica e il suo dichiararsi contro
l’odiato establishment.
Il suo asserragliarsi alla Casa Bianca, il suo denunciare brogli e complotti,
il suo affermare di aver vinto nonostante l’evidenza, non sono l’espressione
della disperazione quanto la piena continuità con una politica selvaggia,
negazionista, suprematista, l’unica compatibile con il personaggio e con la sua
famiglia, pronta a raccoglierne l’eredità. Trump si fa forte inoltre di
rapporti parlamentari ancora a suo favore nel Senato e cresciuti nella Camera.
Per Biden sarà dura essere il presidente di tutti gli statunitensi, forse dovrà
accontentarsi di esserlo per le donne, per le minoranze nere e ispaniche, per
una intellighenzia tra le più raffinate del pianeta, per i migliori professionisti
dell’informazione e della comunicazione, per una scienza d’avanguardia. E non è
cosa da poco.
Commenta per primo