C’è una grande polemica sul fatto che il governo Conte si
stia avvalendo della consulenza di tecnici, soprattutto esperti sanitari.
Questo non viene visto come un giusto riconoscimento alla scienza, dopo anni di
no vax, di fake news antiscientifiche, di rifiuto di ogni evidenza a favore di
volgari luoghi comuni, ma come una subalternità della politica, considerata
l’unico potere legittimo e autorevole.
La politica, soprattutto nel momento in cui assume responsabilità di governo, non
deve essere competente di pandemie, né dei mezzi e metodi per contrastarle, ma
deve individuare le opportunità, cioè quelle azioni che ritiene siano opportune
per la comunità nazionale. Questo è in suo potere e deve confrontarsi con
tecnici, quali virologi, epidemiologi, infettivologi, esperti di sanità
pubblica, individuati nelle università, nei presidi sanitari e negli enti di
ricerca, per individuare la fattibilità e la praticabilità di quello che
ritiene opportuno. Devono essere tecnici scelti per il loro curriculum di studi
e di esperienze e per le loro accertate competenze; se fossero fiduciari del
potere politico, non potrebbero essere l’espressione di un altro potere, pari a
quello politico, ma sarebbero solo dei vassalli, pronti a ritenere fattibile
ogni proposta, a negare altre priorità, a coprire nefandezze e scelte
sbagliate. Se fosse questo il meccanismo perverso, largamente praticato nella
gestione privatistica del bene pubblico, andrebbe denunciato per romperlo, ma
non in nome di una presunta superiorità del potere politico.
Il confrontarsi con competenze e capacità tecniche, per poi poter decidere è
una buona politica, è l’affermazione di uno stato democratico, che si basa
sulla distinzione dei poteri e nella legge di pesi e contrappesi. E’ buona politica l’accettazione della
pluralità delle persone e della loro soggettività, ma anche delle classi
sociali e del loro protagonismo, che porta di conseguenza all’estensione delle
interlocuzioni e dei rapporti sociali, alla legittimazione di interessi sempre
più molteplici, ad una ampia formulazione di domande e alla complessa
maturazione di aspettative, sia individuali che sociali. E’ cattiva politica un
decisionismo prevaricatore, legittimato magari da un’emergenza, ma che di fatto
è la prevaricazione del potere politico sugli altri, la sudditanza di alcuni,
la presenza solo nominale di altri.
In campo non ci sono solo i poteri “costituzionali” (legislativo, esecutivo,
giudiziario) o il “quarto potere” nato con la comunicazione di massa e con la
società dell’informazione, ma altri poteri largamente presenti nelle
istituzioni pubbliche, non direttamente riconducibili ai primi: il potere
politico, il potere tecnico e il potere gestionale.
Non vengono individuati come tali, pur
riconoscendo che i vari organi e apparati, esplicitando funzioni grazie a
specifiche competenze, determinano in maniera significativa gli orientamenti,
le scelte, i risultati dell’istituzione di appartenenza. Per questo è
necessario che al potere politico, rappresentato dagli eletti nelle assemblee elettive
e negli organi esecutivi, competa pienamente la dimensione della Opportunità, cioè la proposizione di
progetti considerati necessari ed indispensabili per soddisfare gli interessi
legittimi di quella società di cui si è rappresentanti e ai cui bisogni si vuol
dare rappresentazione.
Così è necessario che spetti al potere tecnico, esercitato da chi è in possesso
di requisiti, capacità e competenze professionali, valutare la Fattibilità delle volontà politiche,
definendo i programmi operativi, operando le scelte tecniche, adottando la
strumentazione disponibile, verificando le procedure.
Ed è altrettanto necessario che competa al potere gestionale, rappresentato da
esperti della organizzazione e della conduzione, cioè le strutture
burocratiche, nazionali e regionali, l’ambito della Pianificazione, cioè stabilire gli obiettivi, definire le attività,
attribuire le risorse, controllare i processi, verificare i risultati.
La pandemia da coronavirus sta stressando questi rapporti, a tutt’oggi
faticosamente in equilibrio, e la cattiva politica, refrattaria alle regole
democratiche, allergica al confronto e alla partecipazione, vogliosa di
supremazia e di visibilità, contribuisce a esaltare l’incertezza e le
difficoltà. Ci sono esempi nel mondo, dove i poteri assoluti di alcuni regimi
danno cattiva prova nella gestione della pandemia e altrettanto fanno in
democrazie parlamentari presidenti che hanno o pretendono pieni poteri. In
Italia c’è uno scontro frontale tra buona e cattiva politica, alimentata da una
crisi sanitaria che è diventata crisi economica e sta evolvendo in una profonda
crisi sociale. Spetta alle varie sensibilità politiche scegliere tra la buona e
la cattiva.
Caro Marcello, a tuo modo di vedere è buona o cattiva politica avvalersi di 450 esperti(scelti in base a quali principi?) , non consultare un organo preposto come il CNEL neanche nella fase di programmazione della ripartenza, annunciare il decreto Rilancio da un palcoscenico alla Grande Fratello con tanto di telecamera dedicata al portavoce (Rocco Casalino) e scenografia teatrale, senza che sia ancora definito il testo di cui si va parlando al punto che, durante la notte successiva lo si modifica per non giungere alla rottura con le Regioni? È buona o cattiva politica comunicare in Parlamento le decisioni prese senza prima aver dato la possibilità di discuterle nella sede naturale(sempre che si tratti ancora di una Repubblica Parlamentare)?