Si avverte un forte, fortissimo, bisogno di normalità, di
superare una fase di eccezionalità, di emergenza, di imprevedibilità. Molti si
augurano che tutti torni come prima, pochi auspicano misure radicali nel
welfare, nell’economia, nella finanza. Una minoranza se determinata e coesa può
trascinare la maggioranza, come ci ha insegnato il Risorgimento e la
Liberazione. Ma in entrambi i casi c’era non solo una pluralità di soggetti
istituzionali, ma soprattutto una soggettività politica che si faceva interprete
di una forte soggettività sociale, che rivendicava tutele e garanzie.
Oggi non è così. Il governo italiano nasce da uno stato di necessità, poco
prima dello scoppio della pandemia, ma per altre emergenze, fragile per la
mancanza di una visione comune e di un comune sentire di chi lo sostiene,
debole nei confronti di una società frantumata e disorientata, con la
proletarizzazione crescente delle classi intermedie e il depauperamento
progressivo di stipendi e pensioni.
E’ in grado questo governo di ridare fiducia ai mercati, rilanciare l’attività
produttiva e nel contempo attrezzare al meglio il sistema delle tutele e delle
garanzie sociali? Di quali risorse,
finanziarie, ma soprattutto politiche, dispone? La tanto auspicata Comunità
Europea, è nelle condizioni di sostenere uno sforzo comune di rilancio del
continente, prigioniera com’è di sovranismi nazionali, che condizionano governi
e opposizioni, forti di un diffuso sentire nazionalistico e protezionistico?
E’ già molto che il governo riesca a garantire la sopravvivenza fisica di chi
si è ammalato di coronavirus. E non è poco, vista la discontinuità nella catena
decisionale, con un protagonismo insensato e contraddittorio di alcuni
governatori regionali, e della ridotta efficienza del Servizio Sanitario
Nazionale, impoverito da scelte economicistiche e sorretto essenzialmente dalla
disponibilità e dalla abnegazione dei suoi operatori.
Non è poco che metta in campo risorse finanziarie per sostenere bilanci
familiari, artigianali e industriali allo stremo per le misure di
distanziamento sociale e di quarantena.
Non è poco che dia ascolto a competenze non politiche e tenti un dialogo con le
parti sociali per individuare percorsi per l’uscita dalla crisi sanitaria,
economica e sociale.
Ma non basta.
Il rischio è il ritorno alla normalità dell’happy hour, della movida, del
campionato di calcio. Di quel clima consumistico, perennemente festaiolo,
incentrato sul presente, dove l’appartenenza politica è una questione di tifo,
di cori urlati, di attaccamento ai colori e non alle idee e alle proposte,
visto che in palio è l’affermazione sul campo elettorale, svilendo scenografie
e partecipazione di massa.
Il rischio è che si torni a produrre, non importa come e che cosa, a tempi e
ritmi di lavoro a rischio, malamente conciliati con misere protezioni
individuali e patetiche misure di distanziamento, dove la forza lavoro sarà
ulteriormente frammentata e dispersa, con diminuito il già scarso potere
contrattuale.
Il rischio è una frattura generazionale, dove gli anziani continuino a rimanere
fuori dalle dinamiche sociali, perché considerati inutili, in quanto fuori dal
processo produttivo, ed emarginati anche dalle opportunità offerte dal welfare,
scaricati in depositi emergenziali, come è drammaticamente avvenuto in alcune
regioni nel corso della pandemia, facendo di queste scelte sciagurate la norma
nella normalità.
Ci vorrebbe non un uomo forte ma uno Stato forte, forte nella certezza del
diritto e dei diritti, forte per coagulare intorno alle sue volontà la partecipazione
e il contributo dei cittadini, forte per un consenso non ottenuto
mediaticamente ma per la condivisione piena di scelte e decisioni.
L’incertezza che è stata vissuta durante la quarantena è destinata a durare, in
campo c’è solo la speranza.
Ciao Marcello, hai messo sul tavolo gli ingredienti necessari per tentare di avere una ripresa, una seconda fase, più sensata, più equilibrata e rispettosa. Hai evidenziato il grande rischio di “tornare tutto come prima”. Sono pienamente d’accordo che é necessario, insieme, trovare altre forme e altri equilibri. Dal basso, cogliendo il buono e anche il geniale che abbiamo visto in questi giorni. Non saprei come. Ed é qui che ci vuole la tua esperienza, sensibilità e cultura. In poche parole, ti devi rimettere in pista. Faticoso ma necessario! Grazie per il tuo scrivere chiaro e sensato.
Ciao Marcello, condivido le tue conclusioni circa la necessità che ci sia uno Stato forte nelle certezze del diritto e dei diritti; allo scopo ritengo indispensabile riportare in Parlamento quanto al Parlamento spetta e non demandare a pletore di presunti saggi scelti e nominati ad hoc. Se non vado errato la Nostra è (era?) una Repubblica Parlamentare. È urgente che il Presidente della Repubblica lo ricordi a tutti quelli che lo hanno dimenticato.