28 ottobre 2019 La sfida

Le premesse di una sconfitta così sonora del nuovo centrosinistra (allargato ai grillini) in Umbria c’erano tutte: una candidatura a presidente opaca e anonima sul piano politico, un accordo elettorale tra Pd e 5Stelle tardivo e ambiguo, una frantumazione della sinistra in tanti cespugli insignificanti (addirittura due partiti comunisti), la perdita recente del governo di importanti città, quali Perugia, Terni, Todi e Foligno, una gestione del potere amministrativo regionale da parte del Pd miope e disinvolta (al limite del penale) e una sua totale inconsistenza organizzativa e rappresentativa, una pochezza incredibile di proposte rispetto alla profonda crisi economica e sociale dell’Umbria. Per non parlare del mainstream di destra, la tendenza che oggi beneficia di un seguito di massa a livello locale, nazionale e internazionale, con la Lega protagonista assoluta nel dettare l’agenda politica (prima l’immigrazione poi le tasse), una comunicazione politica passionale e minimalista, una crisi verticale di modelli culturali e una radicale ridefinizione delle gerarchie valoriali.
Nessuna meraviglia dunque per questo esito elettorale, scontato e prevedibile, frutto di anni di disimpegno sociale e culturale del centrosinistra, rabberciato alla meglio con l’inclusione dei grillini, riluttanti se non ostili rispetto al loro inserimento nell’area cosiddetta progressista.
La mancata sorpresa non può comunque nascondere l’amarezza, anche perché sarà difficile, se non impossibile, evitare contraccolpi sul governo giallorosso.
Sarà un bel dire la portata limitata del corpo elettorale umbro e il valore tutto localistico della competizione. Perdere con un distacco di oltre 20 punti in percentuale non è cosa da poco, dopo una presenza sul suolo umbro di tutti i competitor nazionali, compreso il presidente del consiglio, a inseguire uno sfrenato leader legista, ormai a tempo pieno e vicinissimo ai pieni poteri richiesti.
Se il movimento 5 Stelle non ha garantito un apporto significativo al candidato Bianconi, da loro scelto e imposto (a scapito di Fora), passando in Umbria dal 25 % delle politiche del 2018 all’attuale 8%, sarà in grado di garantire sostegno, fiducia e lealtà al governo Conte bis, dopo l’ennesima disfatta elettorale locale? Il rischio di una sua implosione è alto, stretto tra una rivendicazione identitaria e la volontà di “fare governo”, spregiudicatamente, con chiunque sia disponibile e con poche (o molte ma generiche) idee.
E’ nel loro interesse aspettare comunque le contromosse di altri, non del Pd che limita i danni, ma di Matteo Renzi, ubriaco di protagonismo ma dotato di intuito politico. Ha sicuramente sniffato puzza di bruciato, tanto da tenersi lontano dall’Umbria. E’ pronto a raccogliere i cocci di Forza Italia, ma deve smarcarsi, rimanere solo sul palcoscenico della politica e giocare le sue carte. E’ solo questione di tempo.
Nel frattempo lontano dall’Umbria, oggi veramente cuore verde d’Italia, migliaia di persone scendono in piazza in America latina (Santiago del Cile), Medio oriente (Bagdad), Estremo oriente (Honk Kong), Europa (Barcellona), a contestare l’attuale status quo internazionale, il divario tra ricchi e poveri, l’impoverimento se non la emarginazione di interi strati sociali, a rivendicare autonomie e riforme radicali.
Da lì arriva la vera sfida al governo italiano. 

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