Fare parallelismi tra varie epoche storiche è una pratica azzardata e arbitraria, perché è difficile, se non impossibile, esaminare tutte le specificità di ogni contesto e fare i relativi distinguo.
La tentazione di una forzatura a questa regola è però forte, quando si presentano analogie e similitudini, soprattutto riferite a trascorsi negativi non molto lontani e che si consideravano ormai superati, almeno nella coscienza di molti.
L’attuale opacità e insignificanza del ceto politico che governa il paese, accanto alla mancanza di prestigio e di autorevolezza, lascia intravedere la possibilità di avventure totalitarie, che sono forti non nella loro proposta politica, ma nel largo consenso che stanno ottenendo soprattutto tra strati sociali diseredati, impoveriti e spaventati dalla recente e interminabile crisi finanziaria ed economica . Nessuno sembra in grado di dare una soluzione a questa disperazione sociale, se non cavalcarla, esasperandola e drammatizzandola, per trasformarla in consenso elettorale e in una delega di pieni poteri.
L’ignavia dell’attuale potere esecutivo e legislativo, che dà spazio ad avventurieri e demagoghi, rimanda a quella della Repubblica di Weimar nella Germania degli anni trenta del Novecento e a quella del governo liberale italiano negli anni venti dello stesso secolo, entrambi travolte dalla violenza nazionalista e xenofoba, dopo che si era garantita una solida rappresentanza parlamentare, anch’essa molto simile ai populismi e sovranismi attuali. Come allora gli anticorpi democratici sono pochi e debolissimi, per di più divisi e in conflitto tra loro, incapaci di comprendere, prima ancora di fronteggiare, la crisi verticale della democrazia rappresentativa. Non a caso in quella che viene considerata la culla di quella democrazia, la Gran Bretagna, si consuma un drammatico conflitto tra esecutivo e Parlamento, tra volontà popolare e interessi vitali di una nazione, tra eletti ed elettori.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo quando l’assolutismo, ben coperto dal richiamo a un Dio unico e onnipotente, la guerra, che si nasconde dietro la parola Patria, l’autoritarismo, tipico di una Famiglia patriarcale, erano le parole chiave di regimi che hanno portato l’Europa e il mondo intero in una tragedia senza precedenti.
L’attuale governo, definito giallorosso, salutato da molti come un antidoto, anche se timido, a questa deriva antidemocratica, non sembra avere un futuro, non per l’eterogeneità delle forze che lo sostengono, (che sarebbe un valore e una risorsa), ma per la loro incapacità di elaborare una idea di paese, di formulare un progetto per il suo ammodernamento, al passo con le nuove sfide lanciate dalle rivoluzioni tecnologiche e scientifiche, di fronteggiare le crisi di oggi (economica, demografica, ambientale), di ridare legittimità e prestigio alle istituzioni pubbliche.
Senza questi e altri programmi per la destra si apriranno praterie sconfinate, su cui le truppe salviniane potranno galoppare urlanti e sguaiate, fino all’esaurimento delle proprie forze e di quelle di chi oggi le sostiene e le incoraggia.
Un film (non una storia) già visto.
C’è stato qualcuno anche recentemente che per chiudere questa deriva come dici tu ha proposto una riforma costituzionale che limitasse il potere legislativo ad una camera e si basasse su un principio autenticamente maggioritario favorito dall’adozione del doppio turno, ma alcuni soloni della sinistra hanno cominciato ad accusare questa proposta di riforma di fascismo e altre sciocchezze del genere e quindi l’ideal-riforma è stata affondata da quegli stessi che oggi lanciano alti lai sulla deriva del sistema democratico…