Il bisogno di mobilità nella città di Perugia, di cui va riconosciuta la complessità urbana e sociale, legata anche alle sue caratteristiche orografiche e alla sua natura di capoluogo regionale, è a tutt’oggi, in larghissima prevalenza, soddisfatta dall’auto privata ed in misura ridotta dal trasporto pubblico, essenzialmente su gomma.
Gli interventi effettuati negli ultimi anni sulla viabilità e sulla sosta, sulle strutture di parcheggio e di ricovero veicolare, sulla realizzazione delle scale mobili, sulla riorganizzazione della rete del trasporto pubblico su gomma, nonché sulla attivazione del Minimetrò, hanno consentito un precario equilibrio all’interno della città, che tollera un intenso traffico veicolare privato, senza che questo comporti il collasso della mobilità ed il blocco della circolazione, se non in eventi particolari e in momenti specifici.
Questo non esclude situazioni di grande “ sofferenza ”, legate all’inquinamento atmosferico e acustico, con i relativi danni per la salute, allo stress conseguente a lunghe permanenze in auto e a difficoltà di transito, all’occupazione sistematica di spazi pubblici da parte di auto a scapito della mobilità pedonale e della piena fruibilità degli spazi urbani.
Questo equilibrio, troppo fragile per la sua precarietà e per le disparità e disfunzioni che provoca, deve essere sostituito da uno più stabile, basato sul soddisfacimento del bisogno di mobilità essenzialmente da parte del trasporto pubblico e in quota molto ridotta da parte del veicolo privato a motore termico.
La mobilità a Perugia si è sempre identificata, almeno per tutti gli anni ottanta del secolo scorso, con l’accessibilità al centro urbano, fino ad allora il luogo quasi esclusivo dell’offerta di merci, beni e servizi e della rappresentanza istituzionale e civile.
Tale accessibilità è stata garantita da un sistema viario di tipo radiale, di lontane origini, che ha organizzato i flussi di traffico in entrata e in uscita su assi stradali concentrici. Su tali assi si è organizzata anche la crescita urbanistica a partire dal secondo dopoguerra, fino a raggiungere il livello massimo di crescita negli anni ottanta del Novecento.
Tale sistema radiale è stato integrato da un primo modulo di tipo anulare con l’attivazione nel secondo dopoguerra di una circonvallazione urbana, che ha utilizzato un tracciato viario affiancato alle mura medioevali della città e che si è avvalso, per la sua funzionalità, anche dell’asse di collegamento interno rappresentato dalla galleria Kennedy. Questa soluzione ha permesso una distribuzione dei flussi veicolari, allora molto contenuti rispetto agli attuali, a partire dalle porte di accesso lungo un percorso che utilizzava Viale Antinori, via Pompeo Pellini, via Fiorenzo di Lorenzo, via Marconi, via XX settembre, Porta Pesa. A questo punto la caratteristica orografica della città ha imposto l’attraversamento della stessa, tramite via Pinturicchio, Piazza Fortebraccio, via del Maneggio, via Santa Elisabetta e Porta Conca, per ritornare in viale Antinori.
In anni successivi hanno svolto il ruolo di nuovi elementi correttivi di questo sistema la superstrada E45 ed il raccordo autostradale Perugia-Bettolle che, posti trasversalmente rispetto alla città, raccolgono, impropriamente rispetto alla loro natura, una quota consistente di flussi veicolari in entrata e uscita, perché permettono di non utilizzare gli assi radiali e di penetrare direttamente nel tessuto compatto della città, in particolare nel quadrante sud ovest, dove insiste l’Ospedale Silvestrini e la zona industriale più grande di Perugia.
La logica che sottende il sistema di mobilità così sommariamente descritto è oggi largamente superata per almeno due motivi di fondo:
- Il centro di Perugia non è più il luogo principale se non esclusivo dell’offerta di beni e servizi e della rappresentanza istituzionale, che si è ormai distribuita in larga parte del territorio comunale. E’ venuta meno pertanto la necessità di un sistema di mobilità centripeto, mirato a far convergere su una sola parte della città tutti i flussi.
- I flussi di traffico, dal punto di vista quantitativo, hanno ormai raggiunto livelli inaccettabili per la rete infrastrutturale, datata e fortemente condizionata dalla natura del terreno. Perugia d’altronde ha un tasso di motorizzazione tra i più alti d’Italia.
Il trasporto pubblico su gomma appare pertanto oggi a Perugia come uno degli elementi su cui basare un’offerta di mobilità alternativa, nella convinzione però che anche ulteriori razionalizzazioni e potenziamenti, sia nella rete che negli aspetti strettamente gestionali, non saranno mai nella condizione di assorbire, oltre una determinata percentuale, in qualche modo quasi raggiunta, la domanda di mobilità. Rimane sicuramente ancora da lavorare, nell’ambito del trasporto pubblico su gomma, su un maggiore potenziamento del trasporto extraurbano, sul confort dei mezzi, sull’utilizzo di nuove e più moderne tecnologie per ridurre i tempi di attesa e rendere più fruibili le corse, sul contenimento delle tariffe.
Riguardo il trasporto pubblico su ferro Perugia dispone di una grande potenzialità: avere due stazioni ferroviarie, una, Sant’Anna della ex FCU, a strettissimo ridosso dell’acropoli cittadina, l’altra, Fontivegge delle FS, collocata all’interno della città diffusa, nelle prossimità del nuovo centro direzionale.
Questa grande capacità di penetrazione del trasporto ferroviario nella città va difeso e tutelato. E’ lavoro di oggi individuare la titolarietà dei finanziamenti, della progettualità, della realizzazione e della futura gestione di un tale progetto.
La risoluzione di tali problematiche, di natura tecnica ma anche politica, permetterebbe di fare delle tratte ferroviarie comunali una rete metropolitana di superficie, molto più efficiente sul piano della velocità e del comfort di quella attualmente esistente, per di più integrata con la rete del minimetrò, a cui si affianca in maniera complementare, servendo realtà urbane completamente diverse, e, inoltre, debitamente supportata, nei suoi snodi fondamentali, dal trasporto pubblico su gomma.
Il sistema ha comunque bisogno di un terzo elemento che colmi i deficit strutturali del trasporto pubblico su gomma e su ferro, che superi i limiti frapposti dalla natura e dallo sviluppo urbano, non sempre coerente e razionale.
Perugia si è già dotata, negli ultimi decenni, di modalità di trasporto che vengono definite “ alternative ”.
La felice intuizione di utilizzare le scale mobili, non tanto come elementi di collegamento all’interno di palazzi o strutture, per facilitare una mobilità tutta interna e comunque limitata, quanto come elementi significativi del trasporto pubblico locale, ha fatto si che la città disponga oggi di assi attrezzati, che trasportano quotidianamente migliaia di utenti, che se ne servono per raggiungere luoghi significativi per la loro vita, non solo lavorativa.
A completamento di quella intuizione, basandosi in analogia su tecnologie alternative al motore termico, su assi non più stradali o ferroviari, su un percorso totalmente nuovo, non condiviso da altri mezzi di trasporto, è nato il progetto del Minimetrò, condiviso dal Ministero dei Trasporti, finanziato da contributi statali, cofinanziato da capitale privato.
Questo terzo elemento, altamente ecologico nella sua impostazione strutturale, flessibile per quanto riguarda potenzialità di sviluppo, efficace sul piano trasportistico in merito a velocità, portata e comfort, coerente con la natura della città, collocata su più livelli e a notevole distanza tra loro, intersecato dalla rete su gomma e su ferro, rappresenta il completamento del sistema di trasporto pubblico perugino.
Tutto ciò fa ritenere che è possibile rendere operativo a Perugia un sistema di trasporto pubblico che, grazie alla sua integrazione e complementarietà, possa rappresentare una valida alternativa all’auto privata a motore termico, quale mezzo per raggiungere i luoghi di lavoro, di socializzazione, di consumo, di fruizione dei beni e servizi.
A quel punto diventa obbligatoria una serie di atti coerenti a questa nuova realtà, che limiti oggettivamente l’uso dell’auto privata, divenuto a quel punto non più funzionale, ma soprattutto diseconomico rispetto al soddisfacimento del bisogno di mobilità.
Tutto ciò non giustifica comunque nessun attendismo con conseguente immobilità dell’azione amministrativa, a fronte di una città perennemente in attività e in movimento, ricca di grandi contraddizioni, che se non debitamente governate, rischia di entrare in crisi ben prima che siano maturi sistemi pienamente alternativi.
Vanno perseguiti provvedimenti che siano efficaci sul piano del contenimento del trasporto veicolare privato e sulla tutela degli elementi già presenti di trasporto pubblico e che non entrino in contraddizione con i futuri assetti.
Non vanno neanche adottati provvedimenti prematuri che rischiano di compromettere non solo la situazione esistente, aggravandola senza risultati apprezzabili su tutto il tessuto cittadino.
Si tratta pertanto di lavorare per obiettivi, valutando le risorse a disposizione, per mettere in campo interventi di provata fattibilità.
una megalopoli che faccia perno su Roma ed includa a nord Perugia e Firenze e forse Bologna e a sud Napoli e Ancona ? Venti milioni di abitanti ? Chi ci pensa ?