La recente crisi politica e istituzionale italiana, non è stata altro che una ennesima (e non ultima) scossa di assestamento di un terremoto su scala mondiale che ha devastato in un primo momento il mondo finanziario per coinvolgere immediatamente dopo il mondo economico e, a seguire, la dimensione sociale, quella politica, fino a quella istituzionale. Sul piano sociale il lavoro, frantumato e disperso, ha perso definitivamente la sua centralità, non più espressione della razionalità produttiva della fabbrica, sostituito dal mercato e dal denaro, che diventano i nuovi principi regolatori, sia a livello economico, ma anche a quello culturale e politico. Non a caso sono andati in pezzi le storiche aggregazioni socio-politiche, non più in grado di rappresentare i nuovi bisogni e le nuove aspettative, ma neanche di dare rappresentanza ai nuovi soggetti sociali, anch’essi isolati, frantumati, emarginati, meno che meno al cosiddetto popolo, una categoria artificiale, equivoca, ambigua, invocata più dall’opportunità e dalle contingenze elettorali che da una seria analisi scientifica.
Il nuovo governo non dovrà affrontare e gestire la conflittualità operaia, l’opposizione studentesca, il radicalismo piccolo borghese, la disobbedienza intellettuale, ma le esigenze di un mercato cinico e globale e il potere ricattatorio del denaro, nelle mani di pochissimi e amministrato da istituti intoccabili e inattaccabili.
Per limiti di bilancio non sarà in grado di fare regalie e concessioni né di inaugurare una nuova stagione di opere pubbliche e per limiti culturali e programmatici non aprirà una grande stagione riformista come quella che caratterizzò gli anni settanta del Novecento. Gestirà l’esistente, che vuol dire un lavoro sempre più precarizzato, una ulteriore marginalizzazione di individui e gruppi sociali privi di risorse economiche, un crescente arricchimento di pochi (magari anche detassati), la definitiva privatizzazione dei beni pubblici, ma soprattutto i malumori diffusi, la rabbia, le insoddisfazioni. Lo farà scaricandole sugli “altri”, i non italiani, i migranti, i richiedenti asilo, i dannati della terra (la loro), alimentando paure e fobie con continui proclami di una eterna campagna elettorale, abbaierà contro l’Europa, senza intaccarne la ragione fondante, il mercato e il denaro, si scaglierà contro le attuali oligarchie per prenderne il posto.
Perché è questo il vero progetto politico, non tanto del governo giallo verde, quanto di Matteo Salvini.
Creare e alimentare un terreno di cultura fatto di risentimenti sociali, di diffidenza istituzionale, di qualunquismo politico, di disinvoltura ideologica in cui far crescere una forza politica “sovranista”, nazionalista, oligarchica, che si affermi ulteriormente “cannibalizzando” gli attuali alleati di governo (i 5stelle) e gli ex alleati (Forza Italia). Ha esempi in Europa e altrove, modelli di governo anche in grandi paesi, modalità di comunicazione abbondantemente sperimentate, pratiche politiche camaleontiche e trasformistiche ormai abitudinarie.
Ma soprattutto non ha niente e nessuno che si opponga, che proponga altri modelli, altre pratiche, altri progetti.
Una voce di dissenso, la mia. Tentare di superare il tentativo di appiattimento verso il basso della globalizzazione alla Soros rialzando la testa e rivendicando quella sovranità scemata fino a perdersi dal 1989 in poi, a me pare cosa buona e giusta. Paolo Fiaschini
Aggiungo che, a dimostrazione di quanto affermato, si scaglierà proprio contro il mercato, il denaro, la finanza come creati ad arte finora.
Condivido e mi complimento per l’analisi accurata. Aspetto la riflessione sull’ultima riga … più difficile!!!