Mantova 2017
Domenica 24 settembre
L’impatto con Mantova avviene a Piazza Sordello nella tarda mattinata di domenica. Uno spazio che appare eccezionale per le dimensioni e per le fronti architettoniche che lo delimitano, dove prevale il laterizio e la merlatura ghibellina e dove il resto delle facciate, perché non tutto è tardo medioevo, sembra coerente e lineare. E’ invisibile in quel momento l’osceno inserimento settecentesco della facciata manierista del Duomo, trovandomi, mentre sono a guardia dell’auto e Anna Maria è alla ricerca dell’hotel, alla base del suo campanile. Tutto si può e si deve perdonare al barocco, ma spesso la sua invadenza è insopportabile, soprattutto quando, come in questo caso, si sovrappone ad una preesistente facciata romanica, che era mirabile per i marmi policromi. Ma tutto questo lo realizzo con uno sguardo completo della piazza dalla finestra della nostra stanza dell’Hotel dei Gonzaga e con una lettura attenta di guide e cronache, mentre in quel momento sono colpito dalla moltitudine dei turisti che affollano la piazza, che la movimenta, la vivifica, l’anima. La stessa folla che ritroviamo, appena dopo i nostri primi passi fuori dall’albergo, nella vicina Piazza delle Erbe e poi in piazza Mantegna e piazza Matteotti. E’ domenica, la giornata è splendida e la città sembra accogliere tranquillamente chiunque voglia passeggiare, sedersi ad un caffè, consumare bevande o cibarie, incontrare altri e altro, ammirare e gustare un decoro urbano largamente diffuso e altrettanto disponibile.
Ma Mantova è circondata dall’acqua, anche se non è più su un’isola, quando il fiume Mincio, slargandosi e impaludandosi, la circondava tutta, mentre oggi lo fa per tre quarti ed è dall’acqua che gustiamo lo sky line della città, a bordo della motonave Sebastiano, che attraversa le acque tranquille prima del Lago di Mezzo, poi del Lago Inferiore per poi proseguire nell’ultimo invaso del Parco Naturale del Mincio, prima delle chiuse che immettono il fiume nel Po. La voce seduttiva dell’ottantenne capitano ci accompagna per tutta la durata della traversata, per niente invadente, ben accetta, non solo quale fonte di informazioni, ma anche come musica di sottofondo. La luce è incredibilmente intensa e si fa fatica a distinguerne i riflessi, se prodotti dall’acqua o dall’aria.
All’Antica Osteria ai Ranari, un tempo punto di incontro dei pescatori di rane, tortelli di zucca e tortino con crema di parmigiano, sempre di zucca, per Anna Maria, gnocco fritto con affettati e luccio in carpione per me. Il fritto di rane, piatto forte della casa, con le bestiole ancora identificabili come tali, non è invitante, neanche per una bocca rotonda come me.
Lunedì 25 settembre
La chiusura settimanale di musei e istituti culturali ci obbliga a un lento girovagare per la città cresciuta entro cerchi di mura sempre più ampi, secondo esigenze commerciali ed abitative, mantenute però entro precise direttrici pianificatorie, che dovevano tener conto anche delle esigenze militari ma soprattutto della regolamentazione idraulica, essendo l’acqua, intorno e all’interno della città compatta, l’elemento condizionante la vita cittadina.
E’ l’occasione per ammirare non solo l’ordito regolare delle vie, che rendono facilmente percorribile e fruibile tutto l’ambito urbano, che appare compatto, al netto di strappi e lacerazioni, e che sembra contenere dappertutto emergenze artistiche ed architettoniche pregevoli, che ben si conciliano con l’edilizia minore, che mai appare povera o abbandonata.
Non c’è un monumentalismo diffuso e prepotente e l’ostentazione del potere è discreta, anche se netta e indiscutibile.
Questo soprattutto nella città raccolta e conchiusa nella terza cerchia delle mura, dove non ci si aspetta niente di più, dopo aver ammirato altrove Piazza delle Erbe con il Palazzo della Ragione, la sopravvissuta Rotonda di San Lorenzo, la maestosa basilica di Sant’Andrea, il grandioso palazzo Sordi, compresa l’area dell’ex ghetto ebraico, con l’eclettico palazzo della Camera di Commercio del 1913. Sembrava tutto finito dopo Piazza Mantegna e via Roma sembrava aprire ad un edificato moderno e anonimo. Invece tutto continua con il Palazzo di Giustizia, la casa di Giulio Romano, la chiesa di Santa Barbara e poi ancora con la Casa del Mantegna e il tempio e il palazzo di San Sebastiano e in fondo, a riaprire aspettative e curiosità, mai sopite, con Palazzo Tè.
Non è frequente imbattersi in una villa cinquecentesca, grandiosa e perfettamente conservata, progettata e decorata da un grande artista. La meraviglia è grande, accompagnata dalla sensazione di benessere e compiacimento, prodotti dall’eleganza, essenziale e lineare, dell’edificio e dagli affreschi, onnipresenti ma, a differenza di altri apparati decorativi, coinvolgenti, quasi dotati di sensualità propria. Sono, non a caso, legati all’amore e alla gloria militare, ma quando si entra nell’imponente Sala dei Cavalli, le figure dei destrieri appaiono cosa viva, si staccano dalle pareti, prepotenti nella bellezza delle loro forme e uno di loro, ti rivolge direttamente lo sguardo. Così nella Camera dei Giganti, si viene travolti dalle emozioni, come i giganti dai massi dei monti e dai fulmini di Giove, diverse, ma altrettanto intense, di quelle prodotte dalla leggerezza e dalla finezza delle decorazioni dell’incantevole Appartamento della Grotta, realizzato lungo il recinto del giardino, accanto alla quinta scenografica dell’Esedra.
Usciamo appagati.
Cena all’Osteria del Broletto. Tortelli amari per Anna Maria, stracotto per me. Torta sbrisolona a finire.
Martedi 26 settembre
Mantova sembra essere stata tre cose: un grande centro produttivo agricolo, una piattaforma militare, una reggia.
Da turisti non siamo in grado di stabilire se ancora l’agricoltura sia un centro propulsivo dell’economia mantovana, mentre le esigenze militari di oggi sembrano fare a meno di grandi presidi territoriali, ben difesi e in posizione strategica, come ai tempi dei Gonzaga e poi di Napoleone e degli austriaci del Lombardo-Veneto.
Quello che è certa è la reggia, resa dai Gonzaga un complesso urbanistico e architettonico tra i più ricchi e densi della città e d’Italia, forse d’Europa. E’ fatta di palazzi, chiese, castelli, piazze interne e giardini, con all’interno il meglio del patrimonio pittorico del Rinascimento italiano, a decorare e abbellire gli appartamenti ducali. Ci abbandoniamo alla visita, seguendo suggestioni e indicazioni, incapaci di decifrare e comprendere le diverse funzioni e le varie fasi evolutive, le modifiche, le demolizioni, le ristrutturazioni operate anche dopo i Gonzaga, quando gli austriaci ne fecero la residenza mantovana della corte vicereale della Lombardia, fino a fare del Castello di San Giorgio una prigione. Ma è lì che c’è il gioiello della “camera picta”, la Camera degli Sposi decorata da Andrea Mantegna, con la famiglia Gonzaga (quella di Ludovico II) al completo, che, anche se impegnata a dirimere questioni terrene di potere e di alleanze, appare come idealizzata e oggetto della curiosità e dell’ammirazione di donzelle e putti alati nonché di un pavone, che si sporgono in perfetta prospettiva dall’oculo sul soffitto.
Ci perdiamo nella serie infinita di stanze, con camini e fregi marmorei, soffitti intagliati, scalette e passetti che introducono a camerini, studioli che a volte si aprono su giardini segreti o pensili. Affreschi dovunque, anche recuperati da manomissioni e rimozioni, come l’intrigante (perché largamente deteriorato o fermo allo stato di sinopia) ciclo cavalleresco del Pisanello e dipinti, anche parzialmente ricomposti, come il Rubens de “La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinità”.
Usciamo di nuovo in piazza Sordello come dopo un lauto pasto, sazi, contenti, ma leggermente intontiti.
Ma la giornata è ancora lunga e dopo vari sbocconcellamenti e l’assunzione della dose quotidiana di caffeina, utilizziamo la Mantova Card per un tour urbano tramite la linea CC del trasporto pubblico locale, per poi goderci lo scenografico e suggestivo Teatro Scientifico Bibiena, un gioiello di architettura teatrale barocca, inaugurato nel 1770 dal quattordicenne Mozart, all’interno del Palazzo dell’Accademia, progettato da Giuseppe Piermarini e fortemente voluto dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
Ancora gironzolamenti, passeggiata sul lungolago, riposo in albergo ed è subito cena, sempre all’Osteria del Broletto: maccheroncini al torchio e guanciale al gorgonzola per Anna Maria, agnolotti al ragù e stinco di maiale per me. Dulcis in fundo e amaro della casa per brindare all’ultima notte a Mantova.
Come al solito affascinante descrizione di luoghi e atmosfere. Scrivi davvero bene e riesci a far sentire il lettore presente sulla scena, ristoranti a parte, purtroppo!!!
Mantova l’ho visitata, anche se con occhio meno culturalmente attento l’ho potuta apprezzare nelle sue particolarità. Ho un piacevolissimo ricordo di passeggiate in bicicletta.
Caro Marcello, ho letto con partecipazione e interesse vivo il tuo diario della visita a Mantova, dove anche io sono stato per la prima volta quest’anno. Con te ho rinnovato la mia visita, anche grazie alla tua ammirevole capacità incisiva nel raccontare!
Gianfranco Maddoli
Caro Marcello mi ha fatto piacere passeggiare con voi per le strade e i palazzi di Mantova. Si,un vero piacere