SABBIONETA
E’ una città sospesa, priva di passato, non avendo alcuna testimonianza dell’epoca antica, e altrettanto priva di futuro, perché congelata, nell’impianto urbano e nell’edificato, al secolo XVI, che ne rappresenta un eterno presente.
La cerchia muraria esagonale, la piazza Ducale, la Piazza d’Armi, i nuclei signorili, il Teatro, l’ordito rigorosamente ortogonale delle vie, sono esattamente quelli concepiti, pianificati e realizzati dal principe Vespasiano Gonzaga a partire dal 1554, senza che successivamente altro venisse aggiunto o sottratto, se si esclude l’inserimento dell’edificio delle scuole elementari nel 1932, in Piazza d’Armi.
Appare comunque evidente, sin dai primi sguardi, lo scarto tra l’edificato, che è vasto, solenne, anche se contenuto, privo di ogni eccentricità architettonica, e le reali esigenze abitative, di allora e di oggi. C’è un silenzio e una calma diffusa, la presenza umana è minima, come minima è l’offerta commerciale e pressoché invisibile l’offerta di servizi. E’ pur vero che siamo in autunno, la stagione turistica è alle spalle, i ragazzi e le ragazze sono rinserrati nelle scuole, gli adulti al lavoro, anche se non si capisce dove, e le finestre delle case sono quasi tutte sbarrate. Anche il mercato, nella piazza Ducale, è in via di smobilitazione, anche perché l’ora è ormai troppo tarda per acquisti di cibi e vestiario.
In questa atmosfera ovattata raggiungiamo le mete che la Card acquistata a Mantova permette di visitare con sconti ed agevolazioni e che finora ci ha permesso di farci sentire consumatori privilegiati di cose meravigliose ed eccezionali.
A Sabbioneta sono tutte in formato minore e su scala ridotta, ma sempre meraviglie sono.
A partire dal Palazzo del Giardino, dalla facciata apparentemente dimessa, anche se impreziosita da un ricco cornicione di legno intagliato, ma con l’interno degno di una residenza privata di un principe. E’ una ventina di sale, salette, passaggi, con volte decorate di stucchi e affrescate, ornate di grottesche, fregi, bassorilievi, rappresentazioni di paesaggi e di figurazioni fantastiche, ma lo stupore è grande quando si entra nella Galleria degli Antichi, lunga quasi cento metri, luminosissima, con soffitto ligneo, concepita per ospitare la incredibile raccolta di statuaria antica di Vespasiano Gonzaga, trasferita dagli austriaci nel 1774 a Mantova. La sorregge un unico corridoio porticato, costruito in laterizi, a imitazione di un acquedotto romano, che fornisce una incredibile quinta scenografica al lato meridionale della Piazza d’Armi.
La stessa situazione si ripete nel Palazzo Ducale, ma in toni più modesti, anche se la dimensione delle sale e dei saloni è notevolmente maggiore, come maggiore è il senso di decadimento, non tanto per l’assenza di mobilio, ma per il vuoto prodotto dalle spoliazioni di marmi e busti antichi, che hanno risparmiato solo i bellissimi soffitti, molti dei quali in legno di cedro intagliato. Come rimangono i fregi ha ostentare magnificenza araldica e ascendenze nobilissime e a richiamare simbologie e miti antichi.
C’è anche la possibilità di fronteggiare vis a vis il principe Gonzaga, la cui statua in grandezza naturale è assisa su un cavallo di legno, con l’armatura di parata e l’onoreficenza del Toson d’Oro appesa al collo. La stessa (l’originale) che fu trovata, recentemente, addosso alle spoglie del principe, rinvenute sepolte nel pavimento della chiesa dell’Incoronata, davanti al bellissimo Mausoleo di Vespasiano Gonzaga, ricco di marmi policromi, di statue marmoree e di quella bronzea dello stesso Vespasiano.
Ma la vera “meraviglia” è il Teatro all’Antica”, inaugurato nel 1590, uno spazio dedicato a rappresentare non solo spettacoli ma soprattutto un potere munifico e generoso, che si offriva sotto una elegante loggia semicircolare formata di colonne e sovrastata da statue di divinità, sopra la gradinata lignea, destinata agli spettatori, di fronte al palcoscenico, oggi una profonda cavità, resa prospettica dal succedersi di quinte anche dipinte e da una scenografia lignea moderna.
Infine la Sinagoga, contenuta nelle dimensioni, a misura di una comunità altrettanto contenuta, uno spazio tutto interno ad una palazzina, sicuramente sede di un banco di pegni, obbligata, per le severi leggi di allora, a non avere proiezioni esterne, perché fosse invisibile ai “gentili”. Ma per questo è elegante, essenziale, e anch’essa, come tutta Sabbioneta, è sospesa nel tempo e nello spazio.
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