Il quartier generale della Marcia su Roma

La sera del 25 ottobre arrivarono a Perugia Giuseppe Bastianini, proveniente da Napoli dove aveva incontrato Benito Mussolini e l’on. Guido Pighetti, con l’indicazione ai fascisti perugini di consegnare la città, nella notte tra il 27 e il 28 ottobre, nelle mani del Comando Supremo Fascista, che si sarebbe dovuto insediare all’Hotel Brufani. L’ordine per l’ azione, dopo varie riunioni segrete tenutesi con i comandanti le squadre in casa Pighetti, fu compilato e diramato. La squadra d’azione “Satana” aveva l’obiettivo di occupare a sorpresa l’Ospedale Militare di Santa Giuliana, requisire le armi e troncare le comunicazioni; la “Disperatisima” e la “Toti” dovevano essere pronte all’azione sotto il muro del Giardino Carducci; le squadre “Fiume” e “Grifo” erano in collegamento con la “Disperatissima” per l’assalto alla Prefettura. La Centuria Marscianese si doveva dislocare alla Pallotta, quella di Castiglion del Lago all’ingresso di Porta Conca, la Centuria di Città di Castello era destinata a presidiare Porta Pesa e quella di Ponte Felcino, a Porta S.Margherita.

La mattina del 27 ottobre giunse Michele Bianchi per incontrarsi con  Bastianini, Agostini e Pighetti. Nella notte Emilio de Bono, Italo Balbo e Cesare Maria De Vecchi presero alloggio all’Hotel Brufani.

Alle ore 23,45 del 27 ottobre Pighetti, Crespi e Mastromattei, seguiti dal comandante della Centuria di Città di Castello, entrarono in Prefettura per imporre al prefetto Sante Franzè la resa entro le ore 0,30, minacciando di assaltare il palazzo, difeso della Guardia Regia, schierata sotto il porticato sin dalle prime ore del mattino ed armata di mitragliatrici. Nel frattempo la squadra “Satana” aveva occupato l’Ospedale Militare, impadronendosi di numerose armi. Non vedendo ritornare i parlamentari e temendo il loro arresto, Bastianini, Felicioni e Regis penetrarono nei sotterranei della Prefettura con il proposito di farla saltare in aria. Esattamente alle ore 0,30 Mastromattei potè uscire e annunciare la resa del prefetto. De Bono ordinò al comandante della Guardia Regia di rientrare immediatamente in caserma. La Prefettura fu presa in consegna dalla “Disperatissima” e dalla “Toti”, la Questura fu affidata all’on. Romeo Gallenga che mantenne ai suoi ordini il questore Minniti, mentre Felice Felicioni assunse la reggenza della Provincia. L’on Pighetti, all’alba del 28 ottobre, redasse un proclama al popolo umbro in cui insieme a Bastianini, Gallenga e Felicioni assumeva i poteri governativi per la Provincia di Perugia in nome del Quadrumvirato Supremo Fascista.

La giornata scorse via tra gli entusiasmi delle camice nere e la incredulità della popolazione, che solo dal proclama, stampato da Guglielmo Donnini e affisso sui muri, aveva avuto notizia dei fatti. La situazione sembrò complicarsi quando si seppe delle intenzioni del  Presidente del Consiglio dei Ministri  di proclamare lo stato d’assedio e di far assumere alle autorità militari i poteri civili . A conferma di ciò furono i numerosi telegrammi in arrivo e partenza dalla Divisione Militare di Perugia che furono intercettati e censurati, nonché le comunicazioni radio con Roma, anch’esse subito interrotte. Il Generale Petracchi, comandante la Divisione Militare dette l’ordine di rioccupare gli edifici pubblici, ma la tipografia Donnini si rifiutò di stampare il manifesto e alle altre tipografie perugine, Santucci, Bartelli e Cooperativa fu intimato dal Comando Supremo Fascista di fare altrettanto. Solo la tipografia Guerra lo stampò, ma ne fu impedita a forza la diffusione. Nel frattempo era stata allertato il concentramento fascista di Foligno, forte di ottomila uomini, con l’ordine di tenersi pronto a raggiungere Perugia in completo assetto di guerra.

Alle 11,45 ci fu un colloquio tra il Generale di Brigata Cornaro e il Generale De Bono per evitare che la situazione precipitasse in uno scontro tra esercito e fascisti. Alle 12,20 un telegramma, anch’esso intercettato, diretto alle autorità militari, annunciò la revoca dello stato d’assedio, ma il Generale Petracchi tentò comunque di rioccupare il Palazzo delle Poste, presidiato dalla “Disperatissima” e dalle coorti di Marsciano e di Città di Castello. Lo scontro fu evitato all’ultimo momento dall’arrivo di De Bono e Pighetti alle 17,45 con la notizia dell’incarico regio a Mussolini di formare il nuovo governo. L’annuncio venne dato dalla Loggia della Vaccara da Italo Balbo e Michele Bianchi.

Nella grigia e piovosa giornata del 29 ottobre le legioni fasciste dell’Umbria, guidate da Ulisse Igliori, partirono per Roma. Il 30 ottobre il comando fascista si spostò da Perugia a Tivoli e da lì a Roma, dove circa 14.000 uomini male armati non trovarono nessuna resistenza da parte della guarnigione della Capitale, che disponeva di tutte le risorse della tecnica difensiva ed offensiva moderna.

Nel 1923, in occasione della visita di Mussolini a Perugia, sulla facciata dell’Hotel Brufani venne affissa una lapide, dettata da Fausto Maria Martini, che riportava queste parole: Qui fu prima riveduto il volto d’Italia quale aveva fiammeggiato sul Piave. Di qui il nuovo destino della Patria mosse e fu storia. XXVIII ottobre MCMXXII-XXX ottobre MCMXXIII.

Perugia si potè così fregiare del titolo onorifico di “capitale della rivoluzione fascista”.

Fonti:

Oscar Uccelli, Le storiche giornate di Perugia in Perusia Rassegna mensile dell’attività culturale e amministrativa del Comune di Perugia, anno I, n.7, ottobre 1929, pp. 319-328

Leonardo Varasano, L’Umbria in camicia nera (1922-1943), Rubettino, 2011

 

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