Aveva già superato i sessanta, non aveva, ovviamente, nessuna speranza di promozione (altrimenti non sarebbe stato condannato alla vigilanza di cessi pubblici e servizi di strada), dalle sue labbra pendeva una sigaretta che doveva essersi spenta all’ora di colazione il giorno prima; ossia sembrava che lui avesse dormito, e soprattutto si fosse lavato, con quella sigaretta in bocca. Eppure, dettaglio inedito, aveva le tasche piene di libri, e nello sguardo stanco galleggiavano soltanto due sentimenti che sembravano riassumere per lui tutto l’interesse della vita: la compassione e la burla. Però mai compassione di se stesso.
La strada dei nostri padri, Hobby & Work, 2000, pag. 92
Io non sono altro che l’ultimo ispettore dell’ultimo commisariato di quartiere di Barcellona.Io sono l’uomo delle pensioni da due soldi, dei negozi di preservativi, dei portoni pieni di siringhe che puzzano di piscio, dei marciapiedi con le gatte in calore.
Storia di un dio da marciapiede, Giano, 2009, pag. 19
“…Anche se lei non ha l’aria di un poliziotto. Non sembra.”
“A cosa sembro?”
“Un funzionario dei servizi cimiteriali. Di quelli che riscuotono i pagamenti per i loculi.”
Il peccato, Giano, 2012, pag. 144
“Lei è un bastrado, Méndez”.
“Sì”
“Un figlio di puttana”.
“Ho pure il diploma”.
Il peccato, Giano, 2012, pag. 209
Io credo in quattro cose puzzolenti e angeliche: una città, qualche strada, una certa cultura urbana, una certa logica della notte.
Cronaca sentimentale in rosso, Giano, 2010, pag. 259
Assicurò nella fondina sotto l’ascella la Colt dell’epoca della Grande Guerra, che amava perché poteva far saltare i coglioni a qualcuno solo con il rumore. Era un motivo più che sufficiente per resistere alle pressanti richieste di consegnarla al Museo dell’Esercito. Quando volle provare la sicura seminò il panico tra i tutori dell’ordine.
Storia di un dio da marciapiede, Giano, 2009, pag. 50
Méndez andò a casa sua, situata in calle de Lancaster, una traversa di calle Nueva de la Rambla. Era un luogo abbastanza degno di studio e dove non era mai entrato quasi nessuno, forse perché ormai non c’erano più tanti autentici cultori di egittologia. Infilarsi lì dentro, in effetti, richiedeva un certo allenamento e qualche conoscenza di base: c’era da attraversare un bar, scoprire una porta accanto a quella del lavabo (con tutte le gravi implicazioni omosessuali che poteva avere un errore), salire qualche scalino, percorrerre il corridoio dove affittavano le stanze ai clienti e alle mogli dei clienti, separatamente, e raggiungere finalmente un’ultima porta, sprofondata nella magnificenza dell’ombra. Attraverso questa si accedeva all’appartamento di Méndez, con affascinante vista su un cortile interno pieno di gatti e nel quale troneggiavano come pezzi forti un letto e un bidet.
Cronaca sentimentale in rosso, Giano, 2010, pag. 97
Sei nel tuo momento migliore, Méndez, quello che ogni burocrate spagnolo perbene sogna: senza destino, senza lavoro e a disposizione delle autorità.
Il peccato, Giano, 2012, pag. 77
A Méndez interessavano le donne piuttosto crepuscolari, sostenute da una corsetteria efficace, che avessero un certo senso barocco dell’amore e a cui non importasse incominciare di mattina e non avere avuto un orgasmo all’ora di cena.
Storia di un dio da marciapiede, Giano, 2009, pag. 170
Lo stomaco di Méndez veniva ormai descritto nella Grande Enciclopedia Catalana come un esemplare di massima delicatezza. Sopportava solo polpo alla galiziana, peperoni di Padròn, trotelle alla navarrese, carni di bue con peperoncino, baccalà, salcicce alla leonese e soprattutto, fabada, un piatto asturiano a base di legumi e insaccati vari di maiale, preparato con pazienza dalla cuoca di un vescovo. Méndez, come sapevano bene i suoi amicui, era uomo dedito a questi e altri digiuni. Per compensare la leggerezza e lo scarso valore nutritivo di tali alimenti li innaffiava, questo sì, con qualche vino sostanzioso, come, per esempio, Priorado, Carinena, Jumilla e altri vini da camionista altoaragonese, di quelli che lasciano due vedove dopo essere rimasti vittime di morte improvvisa.
Storia di un dio da marciapiede, Giano, 2009, pag. 212
Entrò in un bar – il quartiere gli era sempre sembrato fine perchè quasi tutte le strade hanno nomi di santi, o di sante, che è anche meglio – e passò un pò di tempo parlando con la Cleo, che adesso era in rovina, sempre attaccata ad un bicchiere di brandy economico, ma che negli anni Quaranta era stata una puttana di grande considerazione e rispetto, e inoltre una donna perbene, perchè non faceva pagare i poliziotti. Méndez le lasciò alcune pesetas sul tavolo, le consigliò di non bere troppo, si diresse verso la porta, schiacciò uno scarafaggio, spaventò un ladruncolo di passaggio con la minaccia di dargli due cazzotti, rovesciò il bicchiere (ma solo come avvertimento) a un ladro serio che stava occhieggiando la situazione, pagò la propria consumazione e quella di Cleo e gettò in strada con una spinta un furfante di mezza tacca dopo avergli tolto tutto ciò che portava addosso per una rapina ragionevole.
Le strade dei nostri padri, Hobby & Work, 2000, pag. 124
Dire che l’ispettore Méndez risultava scomodo per i suoi capi era una cosa che sapevano anche i delinguenti principianti del suo distretto.
Le strade dei nostri padri, Hobby & Work, 2000, pag. 207
Méndez seguiva la vecchia tecnica. Di tanto in tanto bisognava scuotere la cenere delle sigarette spente. Chiamava qualcuno che quasi non si ricordava più di lui, lo faceva venire e gli diceva che lo avrebbe inculato da almeno cinque parti diverse e che quindi era meglio che cominciasse a raccontargli la stora della sua vita. La quantità di matasse che Méndez aveva sbrogliato con questa tecnica era memorabile, anche se molte delle sue scoperte le teneva per sé e quelle che rivelava erano di così poca importanza che i capi non gli facevano neppure caso, e a modo loro avevano ragione. Perchè i delitti in cui Méndez di solito era coinvolto andavano dall’anello rubato a una puttana al morso dato nel gabinetto dell’Arnau a un frocio di buona fede.
Le strade dei nostri padri, Hobby & Work, 2000, pag. 210
Méndez assentì senza protestare. In fin dei conti, negli ultimi tempi le missioni che gli affidavano erano tutte così. Sospetto ai franchisti perchè si prendeva cura dei comunisti in galera, sospetto alla democrazia perchè era stato un poliziotto sotto Franco, sospetto ai superiori perchè agiva sempre per conto suo, sospetto ai giudici perchè non credeva nella legge, sospetto ai papponi perchè proteggeva le puttane, sospetto perfino alle puttane, scettiche sulla sua impotenza, pronte a scoprire da un giorno all’altro un Méndez voglioso e assatanato.
Cinque donne e mezzo, Giunti, 2015, pag. 44
Non era la prima volta che a indicargli la pista da seguire fosse magari una frase banale, una donna di passaggio, un ingenuo che guarda il cielo o semplicemente un bambino. Per andare in fondo alle cose occorre una buona dose di candore: la vita aveva insegnato questo a Méndez.
La dama del Kashmir, Giano, 2009, pag. 138
“Mi hanno detto che lei ha tempo, Méndez”
“Tutto il tempo del mondo, commissatio, signor M, perchè mi trovo al limite della pensione e non mi danno più nessun incarico, ossia mi trovo al limite di una situazione post mortem”
Mistero di strada, Giano, 2008, pag. 15
Méndez era uno di quelli che pensano che c’è sempre una ragione per vivere, a costo di doverla cercare molto in profondità.
Non si deve morire due volte, Giano, 2009, pag.27
Autore:
Francisco Gonzalez Ledesma
Nasce nel 1927 a Barcellona da una famiglia povera ma è precocissimo nello scrivere tanto da diventare un incredibile narratore di storie. A ventuno anni vince il Premio Nacional de Novela con un libro che la censura franchista censura come “comunista e pornografico”, costringendolo a scrivere sotto pseunonimo romanzi western, mistery e pulp. Laureatosi in legge, abbandona quasi subito la professione di avvocato per dedicarsi alla scrittura e al giornalismo, diventando, dopo un lungo e minuzioso apprendistato, redattore capo del quotidiano La Vanguardia. Solo dopo la fine del regime francista può vedere pubblicati i romanzi che hanno come protagonista un poliziotto anticonformista, cinico e disincantato e una Barcellona in perenne cambiamento. A Barcellona muore nel 2015, a quindici giorni dal suo ottantottesimo compleanno.
Opere consultate:
Las calles de nuestros padres, 1984 (Le strade dei nostri padri, Hobby & Work, 2000)
Cronica sentimental en rojo, 1984 (Cronaca sentimentale in rosso, Giano, 2010)
La dama de Cachemira, 1986 (La dama del Kashmir, Giano, 2009)
Historia de Dios en una Esquina, 1991 (Storia di un dio da marciapiede, Giano, 2009)
El pecado o algo parecido, 2002 (Il peccato, Giano, 2012)
Cinco mujeres y media, 2005 (Cinque donne e mezzo, Giunti, 2015)
Una novela de barrio, 2007 (Mistero di strada, Giano, 2008)
No hay que morir dos veces, 2009 (Non si deve morire due volte, Giano, 2009)
Grazie Marcello, amo il genere è non mancherò di leggerlo