La prima settimana dopo il Labor Day, quando un’estate di vento torrido e siccità che aveva lasciato i campi di canna da zucchero coperti di polvere e screpolati in una ragnatela di venature, le piogge, ancora una volta, tornarono a danzare sulle paludi, la temperatura precipitò di una decina di gradi e il cielo assunse l’azzurro vitreo e perfetto di una scodella di ceramica rovesciata.
Ultima corsa per Elysian Fields, Meridiano zero, 2005, pag.9
Stava arrivando un temporale, e a sud il cielo aveva la sfumatura blu nera del metallo di una canna di pistola, le acque dell’entroterra gialle di sabbia agitata, le onde che si rincorrevano là fin dove l’occhio riusciva a scorgerle.
Ti ricordi di Ida Durbin?, Meridiano zero, 2006, pag.25
La strada sterrata lungo la palude era costeggiata dalle querce piantate dagli schiavi, e i raggi del sole brillavano attraverso i rami ricoperti di muschio come se fossero tracciati da un eliografo. Lungo la riva i giacinti viola erano carnosi e in pieno fiore, le loro foglie imperlate d’acqua a risplendere come argento vivo nell’ombra. Alla luce del sole, dove la superficie del fiume si stendeva bruna e bollente, le libellule si libravano immobili nell’aria e i dorsi degli alligatori, simili ad armature placcate, scivolavano nella corrente con l’agilità di serpenti.
Piccola notte cajun, Mondadori, 1996, pag. 20
Era l’inizio dell’autunno, e ogni mattina, dopo che il sole era spuntato dalla palude e aveva disperso la nebbia dai cipressi lungo il bayou sul quale si affacciavano il mio negozio di esche e il mio pontile, il cielo si tingeva di un azzurro così profondo e commovente che avevi la sensazione, tendendo la mano, di poterne stracciare una manciata come se fosse cotone colorato. L’aria era secca e fresca, e la polvere lungo la strada sterrata che costeggiava il bayou sembrava formare dorate colonne di fumo e di luce che foravano la tettoia naturale delle querce.
La palude dell’odio, Mondadori, 1996, pp 8-9
Al di là della strada, la palude riluceva di una foschia violacea punteggiata di lucciole. Nel bayou, un ragazzino di colore pescava a bordo di una piroga al limitare di una distesa di gigli acquatici. Ai raggi rossi del sole al tramonto, la sua pelle scura sembrava incandescente. Era totalmente immobile, e fissava il galleggiante di sughero. La serata era così languida e quieta, il ragazzino così concentrato che la scena sembrava un dipinto.
L’occhio del ciclone, Mondadori, 1997, pag. 159
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