Piemonte

Quello non era Piemonte. Il vero Piemonte, quello dei castelli in cresta, dei tartufari dalle mani artritiche e dalla memoria lontana, degli sferisteri nei quali la gioventù che gioca la pallacorda fa belle le brume d’inverno, delle gobbe boscose delle colline infiammate dall’autunno e del cielo di primavera nel quale le nuvole corrono portando già l’odore del mar Ligure, il ferreo Piemonte di Savoie, bonnes, nouvelles, della Glorieuse Rentrée, della catena di forti in alta quota, il Piemonte delle città morse dall’aria gelida recata dalle più possenti montagne d’Europa, il Piemonte nelle cui foreste profonde bramisce il cervo, nelle cui vigne matura la fatica di lente generazioni, il Piemonte dei falò, e della luna, e del mestiere di vivere, quel Piemonte era altrove, irrimediabilmente lontano.

Hans Tuzzi, Il maestro della testa sfondata, Bollati Boringhieri, Torino, 2016, pag. 165

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