In carcere si diventa anche intelligenti, e le parole hanno molto valore, quelle dette e quelle ascoltate; nella vita libera, incensurata, c’era sciupio e svalutazione della parola e dell’ascoltare le parole: si continuava a parlare senza sapere bene quello che si diceva, e si ascoltava senza capire.
Giorgio Scerbanenco, Venere privata, Garzanti, 1999, pag. 17
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