Gigi fu attore di una ricerca che andava molto oltre gli orizzonti e i moduli del neorealismo, che aveva segnato tanta parte della cultura e dell’arte esaltate dall’intellettualità comunista italiana di allora, e che io stesso avevo amato molto. Quel mio amico veneziano invece mi aiutò a leggere le grandi mutazioni di alfabeti che segnò il Novecento europeo: dai moduli dodecafonici evocati da Schomberg alle amatissime poesie di Brecht, alle invenzioni sceniche di Piscator. Insomma la rappresentazione nuova e sconvolgente del soggetto umano e della sua avventura, esplorata da quel lembo di laguna veneziana. La Giudecca: quell’isola così breve nel suo spazio, eppure così vicina all’Europa.
Pietro Ingrao, Volevo la luna, Einaudi, 2006, pag. 268
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