Il Libro deve essere mormorato in una piccola stamberga del ghetto dove giorno per giorno apprendi ad incurvarti e a muovere le braccia strette sulle anche, e tra la mano che tiene il Libro e quella che la sfoglia non deve esserci quasi spazio, e se ti umetti le dita le devi portare verticalmente alle labbra, come se smozzicassi pane azzimo, attento a non perdere una briciola. La parola va mangiata lentissimamente, puoi dissolverla e ricombinarla solo se la lasci sciogliere sulla lingua, e attento a non sbavarla sul caffetano, perché se una lettera evapora si spezza il filo che sta per unirti alle sefirot superiori.
Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani, 2003, pag. 41
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