…fu proprio nella casa di Cordòn, ascoltando Lister che narrava le sue imprese militari contro le forze confederali del Consiglio d’Aragona, tanto per dirne una, che cominciai a capire che la guerra civile sarebbe stata solo una mitologia fino a quando fosse rimasta cosa loro, di coloro che la fecero e ci disfecero, facendola così male; mentre potrebbe essere storia, infine, e cioè un sapere pratico che ci permetta di vivere con lei, soltanto assumendola criticamente e non perdendoci nei suoi labirinti ingannevoli, facendola nostra insomma, di quelli che non la facemmo, di quelli che fummo schiacciati dal peso ideologico di una così grande leggenda percorsa da segni contraddittori.
Jorge Semprùn, Autobiografia di Federico Sànchez, Sellerio, 1979, pag. 89
lo aspettava il campo di concentramento di Argelès, in pratica una spiaggia sterminata e desolata, chiusa da un doppio reticolato di filo spinato, senza baracche, senza il benché minimo riparo contro il freddo spietato di febbraio, in condizioni igieniche spaventose, dove, sopravvivendo di stenti, con donne, vecchi e bambini che dormivano sulla sabbia punteggiata di neve e inzuppata di brina, mentre gli uomini vagavano, con addosso il peso della disperazione e il rancore della sconfitta, ottantamila rifugiati spagnoli aspettavano la fine di quell’inferno.
Javier Cercas, Soldati di Salamina, Guanda, 2002, pp. 156-157
Eccoci alla più grande battaglia della storia di Spagna.
Per centoquindici giorni e centoquindici notti tra l’estate e l’autunno del 1938, duecentocinquantamila uomini combatterono senza quartiere in lungo e in largo per un territorio deserto, inospitale e agreste che si estende sulla riva destra dell’Ebro al suo passaggio per il Sud della Catalogna: una regione chiamata la Terra Alta, popolata a stento da colline rocciose, profondi precipizi, dirupi brulli, paesi di contadini e piantagioni di cereali, vigne, mandorli, ulivi, pini di Aleppo e alberi da frutta, che quell’estate registrò temperature di quasi sessanta gradi centigradi al sole e che quasi ottant’anni dopo ancora non si è rimessa dalla furiosa tempesta che si abbattè su di essa. Lì si decise la guerra.
Javier Cercas, Il sovrano delle ombre, Guanda, 2017, pag. 235
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