Barcellona. Le Ramblas

 

    Le Ramblas avevano conservato il saggio capriccio delle acque discendenti che erano state la loro origine. Avevano la volontà delle acque che hanno un destino come la gente che le percorreva ad ogni ora del giorno, staccandosi con lentezza dai platani, dalle edicole policrome, dal capriccioso commercio di pappagalli e macachi, dal mercenario giardino delle bancarelle di fiori, dall’archeologia degli edifici che segnavano tre secoli di storia di una città con storia.

Manuel Vázquez Montalbán, Tatuaggio, Feltrinelli, 1991, pp.147-148

Lasciò alle spalle l’Ensanche dei commercianti morti e scese fino alle Ramblas, fino alla terra di tutti, dove i nostalgici dicono che non si finisce mai di morire. Lì c’erano cose incredibili: una vecchia che ballava strascicando i piedi, che trasformava, per chiedere qualche moneta, l’ultima miserias nell’ultima smorfia di piacere. Una giovane dipinta come un clown faceva esercizi ginnici nel mezzo della strada, tagliandola con l’indifferenza di un automa. Non chiedeva niente, rispondeva la disprezzo del mondo con il disprezzo della piroetta. Più in là il musicista che irrompeva nell’aria di tutti, il pittore che, in mancanza d’altro, dipingeva il suolo di tutti.

Francisco Gonazalez Ledesma, Cronaca sentimentale in rosso, Giano, 2010, pag. 135

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*