1° febbraio 2017 Just a few questions

C’è stupore e incredulità, più che vera e propria indignazione, nei commenti alle prime decisioni presidenziali di Donald Trump. Tutto questo perché rimane agli occhi dei più una specie di extraterrestre, un marziano che parla una lingua sconosciuta alla politica, che azzera scelte e programmi che apparivano scontati, che professa opinioni in totale contrasto con le categorie dominanti nel mondo scientifico, in quello economico e in quello diplomatico e che rovescia principi morali e credenze religiose.

La domanda che sembra emergere su tante, è se questo presidente conviene agli Stati Uniti d’America e, di converso, a tutti i paesi che sono direttamente coinvolti nella politica statunitense.

La chiusura delle frontiere, l’erezione di muri di confine, la rottura di accordi commerciali e di alleanze strategiche conviene ad un paese che ha scelto di privilegiare una economia di produzione di servizi, a scapito della produzione di beni, con il ridimensionamento del proprio apparato industriale tradizionale? Lo stesso Obamacare andava in questa direzione, in quanto il settore sanitario può essere visto, non solo come strumento per soddisfare un bisogno primario, ma anche come un potenziale volano dello sviluppo socio economico complessivo, perché è di fatto uno sviluppo“virtuoso”, in quanto portatore di competenze tecnologiche, di alto capitale umano, di alta specializzazione e ricerca, di alto impegno professionale. L’allargamento dei beneficiari del sistema sanitario, sollecita il rinnovamento tecnologico, stimola nuove competenze e capacità, impone la creazione di nuovi servizi e istituti, in misura impensabile rispetto alla platea di utenti garantiti dalle assicurazioni private, necessariamente ridotta, perché vincolata alla disponibilità finanziaria individuale.

Tutelare il proprio apparato produttivo manifatturiero con politiche protezionistiche ha senso se non si garantisce un export adeguato, risultato di accordi, di convenzioni, di contratti, che incentivino gli scambi di beni e, perché no, di servizi, soprattutto con paesi che sono un gigantesco mercato, ancora largamente potenziale?

Affidarsi di nuovo al carbone e al petrolio, come principali fonti energetiche, anche perché si è increduli sulla tesi del riscaldamento del pianeta, non deprime la cosiddetta green economy, un insieme di politiche, di provvedimenti, di azioni in grado di attivare, ricerca, formazione, forza lavoro, investimenti tecnologici e, visto che siamo in una economia capitalistica, profitto? Non costringe inoltre gli USA, data la imminente esauribilità di queste fonti, ad una nuova politica di rigido controllo di quei paesi che le detengono nel proprio territorio, rinnovando un impegno, soprattutto militare, in aree geografiche che sono focolai di guerre infinite e conflitti irrisolti?

Conviene ad una minoranza bianca e cristiana affermare con la forza la propria egemonia in un paese da sempre storicamente multietnico, multireligioso e multiculturale, esasperando le divisioni, favorendo le frustrazioni e l’emarginazione delle altre minoranze, viste come un’alterità, una minaccia, un pericolo e non come un elemento fondante dell’identità del paese?

Se gli USA sono una vera e compiuta democrazia, gli altri poteri, da quello legislativo a quello giudiziario, per passare da quello dell’informazione al sistema delle autonomie statali, sono in grado di bilanciare il potere esecutivo, in una logica di pesi e contrappesi, per contenere assolutismi, per contestare scelte incostituzionali, per impedire soprusi e sopraffazioni? Oppure anche negli USA la democrazia è ormai vista come un orpello o un lusso impossibile o un rottame della storia?

A chi conviene un presidente come Donald Trump, a quali interessi risponde, a nome e per conto di chi governa un uomo che si sta rivelando un tiranno malintenzionato, allergico ad ogni forma di controllo e ostile alle garanzie istituzionali?

I primi a rispondere dovranno essere i cittadini statunitensi, ma forse sarebbe bene che anche i cittadini europei comincino a porsi interrogativi e a formulare le prime risposte.

1° febbraio 2017

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