18 dicembre 2016 L’antipolitica al potere

Sembra che Virginia Raggi, neo sindaca di Roma, ritenendosi inesperta di pubblica amministrazione, si sia circondata, per svolgere al meglio il suo mandato, di persone esperte, ritenute tali per trascorsi professionali, non importa al servizio di chi e per che cosa. L’importante era la loro competenza, identificata nella capacità di muoversi nelle pastoie burocratiche, di garantire interlocuzioni nel mondo imprenditoriale e professionale, di rendere efficiente e non necessariamente efficace la gestione, ormai privatizzata, dei beni pubblici.

In realtà un politico, nel momento in cui assume un incarico di governo, non deve essere esperto di cose amministrative, né deve circondarsi di esperti veri o presunti, tantomeno di faccendieri, ma deve semplicemente (si fa per dire) individuare le opportunità, cioè quelle azioni che ritiene siano opportune per la comunità di cui è nominato, non a caso, “primo cittadino”. Questo è in suo potere e deve, se politico e non turista o visitatore casuale del municipio, chiedere, anche collegialmente come Giunta, al potere tecnico la fattibilità di quello che ha ritenuto opportuno. Questo potere è rappresentato nei comuni italiani da una moltitudine di figure, a partire dal segretario comunale, dal city manager, dai responsabili di sezioni e settori, individuati per concorso e quindi per accertate competenze: quella che viene spesso e impropriamente chiamata “macchina comunale”. Se così non è, se sono nominati, scelti discrezionalmente, assunti con il trucco, se sono fiduciari del potere politico, non possono essere l’espressione di un altro potere, pari al primo, ma sono solo dei vassalli, pronti a ritenere fattibile ogni proposta, a negare altre priorità, a coprire nefandezze e scelte sbagliate. Questo meccanismo va rotto, ripristinando uno stato di diritto per avere la certezza di competenze e capacità tecniche, anziché privilegiare un “cerchio magico”, un gruppo ristretto di fiduciari, veri e propri pretoriani, decisori ed esecutori insieme, al di fuori di ogni controllo, a partire da quello del Consiglio Comunale.

Se Virginia Raggi ha fatto questo, nominando anche assessore una persona “esperta” e non una personalità politica, ha dimostrato di essere l’espressione della peggio politica. La sua colpa non è quella di non capire di mobilità e di trasporto pubblico o di smaltimento di rifiuti solidi urbani, ma di non avere una idea di città, di non cogliere le priorità e le urgenze, di non saper rappresentare i bisogni, le domande, le aspettative dei propri concittadini, e, spaventata per questo, di essersi circondata di persone di fiducia. Bisognava avere fiducia invece nella politica, nella distinzione dei poteri, nella legge di pesi e contrappesi, nella propria cultura e sensibilità e in quella di solidali per affinità e non per interesse. Ma forse questo non si può chiedere a chi è l’espressione dell’antipolitica.

18 dicembre 2016

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