1° ottobre 2015 La politica come tabù

C’è stato un tempo in cui la politica era un tabù. Era  esplicitamente proibita in molte istituzioni, a partire dalla scuola, compresi ospedali, uffici e caserme, ed implicitamente in alcune fasce d’età, quali l’infanzia e l’adolescenza o nel genere femminile. A rafforzare il tabù era diffusa nella vulgata corrente la considerazione che fosse “una cosa sporca” o, nel migliore dei casi, una cosa incomprensibile, riservata per questo agli addetti ai lavori, ai capofamiglia, ai capopopolo, ai capo corrente.

La politica come tabù era la conseguenza inevitabile dell’appropriazione e del sequestro di una pratica e di una tecnica da parte di gruppi sociali privilegiati, perché grazie alla proibizione veniva confermato e consolidato il loro privilegio. Ci sono volute determinate situazioni storiche, perché classi e categorie sociali tradizionalmente escluse, disattendessero la proibizione e lottassero per riappropriarsi delle pratiche e delle tecniche politiche. Il cosiddetto 68, al di là delle celebrazioni e delle demonizzazioni, delle sacralizzazioni e degli anatemi, è stato fondamentalmente questo: la trasgressione di un tabù. Di fatto giovani e donne, studenti e operai, tecnici e funzionari si sono riappropriati della politica, a loro e a molti altri da tempo, troppo tempo, negata. Tutto è diventato politico, compresi i rapporti personali, la vita privata, l’uso del tempo libero, la cultura e l’informazione, con la nascita di un protagonismo diffuso, con la partecipazione attiva, il rifiuto della delega, la pratica del dubbio e della critica.

E’ un tempo lontano, distante e diverso, quasi inimmaginabile oggi e pertanto incomprensibile. Il protagonismo è visto con fastidio, la partecipazione è ritualizzata e banalizzata, la delega è pretesa ed enfatizzata, il dubbio e la critica demonizzate come iettatorie e improduttive. La politica è di nuovo vista come lontana e viene definita di nuovo “cosa sporca”. Anche perché sporca lo è per davvero, per gli scandali, la corruzione, la concussione, le truffe, gli inganni perpetrati dal ceto politico attuale, in cui si fa fatica a distinguere gli onesti dai disonesti, i disinteressati dai faccendieri, i corrotti dagli incorruttibili. Non i bravi dagli incompetenti, gli appassionati dagli opportunisti, i capaci dagli inetti: questa è una distinzione datata ai tempi di militanze appassionate, di identità e appartenenze certe, di un profondo e radicato senso delle istituzioni, di un diffuso sentimento di solidarietà. Non c’è quindi da meravigliarsi se nessuno si pone il problema di governare la dimensione planetaria dell’economia e dei mercati finanziari, di contenere la loro aggressività, di disciplinare il ruolo della televisione e il flusso ininterrotto di informazioni sulle reti telematiche, di impedire nuove guerre, di arginare la povertà e la miseria: in poche parole di salvare il pianeta.

La latitanza della politica favorisce gli ignoranti, coloro che non sanno quello che si deve sapere, che non conoscono alfabeti e linguaggi, che ignorano leggi e principi, che non sanno quello che fanno. Guai se la politica, per debolezza o opportunismo, permette che accedano alle leve del potere, che assumano responsabilità decisionali, che occupino cariche istituzionali. Si avranno cattive leggi, malgoverno, inefficienza, malversazioni ma se gli ignoranti dispongono di armi e di armati, l’esito è l’Isis, Boko Aram, i Talebani, le tante dittature diffuse, riconosciute, legittimate dalla politica internazionale. Non basta allora educarli o, come chiese Qualcuno, perdonarli.

La latitanza della politica favorisce anche gli sfruttatori, coloro che sanno bene quello che si deve sapere, che conoscono a menadito leggi e regolamenti, che sanno esattamente quello che fanno. Sono, ad esempio, i manager, gli amministratori, i tecnici della Volkswagen, capaci e competenti nell’aggirare le leggi, manipolare apparati e apparecchi, ingannare i consumatori, senza sollevare il minimo dubbio nei politici del loro paese o dei paesi con cui condividono i mercati e le finanze. La cancelliera Angela Merkel e il suo ministro Schaeuble si sono dimostrati inflessibili, intransigenti, implacabili nei confronti della Grecia, dei suoi errori, delle sue debolezze, delle sue contraddizioni, ma muti, ciechi e sordi nei confronti della loro principale azienda automobilistica. Una politica forte con i deboli, debole con i forti.

Quando si assisterà di nuovo alla riappropriazione della politica, quando pratiche e tecniche politiche saranno di nuovo diffuse, partecipate, condivise?

1 ottobre 2015

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