La vicenda della Ferrovia Centrale Umbra che, dopo la chiusura della tratta Terni-Acquasparta, vede interrotto il collegamento Città di Castello-Umbertide e forse vedrà quello Sansepolcro-Città di Castello, senza nessuna data certa per il ripristino, è una triste prefigurazione del destino dell’Umbra.
La ferrovia in questione attraversa tutta la regione sin dal 1915, collegando alcuni tra i principali centri urbani, in particolare le due città, che, anche se sono ormai solo ex capoluoghi di provincia, rimangono i due baricentri dell’Umbria. Sul piano simbolico è un segno di identità per moltissimi umbri, mentre sul piano sostanziale rappresenta una incredibile occasione di mobilità alternativa all’auto privata o al trasporto pubblico su gomma per quelle migliaia di cittadini che quotidianamente raggiungono Perugia, per ragioni di studio e di lavoro o per usufuire dei servizi di un capoluogo regionale.
Riguardo alla FCU Perugia dispone infatti della grande potenzialità di avere la stazione ferroviaria di S.Anna a strettissimo ridosso dell’acropoli cittadina.
Questa grande capacità di penetrazione del trasporto ferroviario nella città andrebbe difesa e tutelata, in primo luogo con lavori di ristrutturazione e di adeguamento, ma soprattutto con il potenziamento della rete ferroviaria, con la eliminazione di tutti i passaggi a livelli, con la realizzazione di nuove stazioni, la piena elettrificazione del trasporto, il potenziamento di alcune tratte, come la S.Anna-Ponte S.Giovanni. Andrebbe recuperato il progetto originario di garantire un collegamento al Minimetrò, grazie ad un allaccio tra S.Anna e la stazione del Pincetto, sempre con un sistema ettometrico.
La risoluzione di tali problematiche, di natura tecnica ma anche politica, permetterebbe di fare delle tratta ferroviaria della FCU una rete metropolitana di superficie, molto più efficiente sul piano della velocità e del comfort di quella attualmente esistente, per di più integrata con la rete del minimetrò, a cui si affianca in maniera complementare e, inoltre, debitamente supportata, nei suoi snodi fondamentali, dal trasporto pubblico su gomma.
Sarebbe lavoro di oggi individuare la titolarietà dei finanziamenti, della progettualità, della realizzazione e della futura gestione di un tale progetto di riqualificazione e di potenziamento della FCU. Lavoro sicuramente complesso e difficile ma su cui la politica regionale dovrebbe concentrarsi, perché il venir meno degli assi di attraversamento dell’Umbria impoverisce i mercati, deprime gli scambi, anche di idee, allontana le persone e i territori, favorisce altri poli attrattivi esterni all’Umbria. Sarà allora difficile difenderne l’integrità territoriale e amministrativa e con essa la sua originalità culturale, le sue specificità economiche, i suoi modelli sociali e la sua storica capacità di programmazione e integrazione. O “colà dove si puote” si pensa che il vero asse di collegamento sia la E45 trasformata in autostrada, con costi di adeguamento proibitivi, con impatti ambientali significativi, con un incremento della velocità di trasferimento del trasporto privato su gomma nazionale e internazionale e di quello automobilistico di solo attraversamento? Si vuole veramente che l’Umbria sia goduta solo dal finestrino d’un’auto, apprezzata sui banconi di una stazione di servizio, conosciuta in visite mordi e fuggi di poche ore? E si vuole che gli umbri paghino pedaggio per andare al lavoro, per studiare, per trovare parenti e amici, senza scelte alternative, più comode, più socializzanti, più compatibili?
25 settembre 2015
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