10 settembre 2015 La nota stonata

Si avverte una nota stonata, o meglio il suono fesso di una moneta fasulla nelle ultimissime dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel a proposito di migranti richiedenti asilo. Una svolta improvvisa, che ha messo in discussione una politica costruita in molti anni, imperniata sul cosiddetto accordo di Dublino, voluto e sostenuto proprio dalla Germania, narrata in un linguaggio burocratico, fatto di assiomi finanziari, di categorie economiche, di priorità di bilancio. Le parole rigore, austerità, rispetto delle regole sono state, come d’incanto, sostituite dalle parole solidarietà, apertura, accoglienza. All’improvviso si sono rivelati disponibili nel bilancio tedesco sei miliardi di euro per la sistemazione e l’integrazione dei nuovi arrivati, accettabili fino al numero di cinquecentomila all’anno, immediatamente aiutati e confortati da volontari e da addetti alle amministrazioni, smistati in centri di raccolta, riforniti direttamente di beni da consumare o di buoni validi per l’acquisto di determinati prodotti.

Contestualmente la cancelliera ha posto il problema di una nuova agenda europea per l’immigrazione, con criteri di ripartizione tra i vari paesi della Comunità Europea, con sanzioni per chi si rifiuterà di accogliere profughi e la identificazione dei paesi da cui è considerata legittima, per motivi umanitari, la fuga.

Tutto appare come una vera e propria svolta, una correzione di rotta inimmaginabile fino a qualche tempo fa, quando la stessa cancelliera, alla bambina palestinese in lacrime che, in perfetto tedesco, esprimeva il desiderio di voler rimanere in Germania, ribadiva che doveva tornare nel suo campo profughi in Libano, perché per lei non c’era posto in nessun land germanico né tantomeno in Europa.

Si è scritto della necessità di recuperare una immagine credibile della Germania, compromessa dalla gestione della crisi greca. Ma quel tipo di gestione, che non aveva nulla che riguardasse la finanza o l’economia, aveva come obiettivo la messa in crisi del modello politico greco e la sua possibilità di contagio ed è stato pienamente raggiunto, visto che in Grecia non c’è più un governo di sinistra e non è detto che ce ne sarà un altro dopo le elezioni del 20 settembre. Contestualmente questa gestione ha fortemente condizionato l’opinione pubblica spagnola, al punto che i recenti sondaggi non danno più Podemos in testa nelle prossime elezioni di novembre. Inoltre la stessa Merkel ed il suo ministro Scheuble hanno conquistato un amplissimo consenso nel proprio paese, a conferma che quella gestione è apparsa opportuna ed efficace alla maggioranza della gente tedesca. Infine non c’è stato alcun governo europeo che si sia differenziato da quella gestione, nessun distinguo politico, nessuna presa di distanza, nessuna sponda a Tsipras, se non paternalistiche e ipocrite pacche sulle spalle.

E’ quindi da vincitrice assoluta, su tutta la linea, che Angela Merkel può permettersi di riconsiderare la questione immigrazione in termini di apparente solidarietà, ben sapendo che i costi che dovrà sopportare in questo momento saranno largamente ricompensati nel futuro dalla enorme risorsa umana messa a disposizione del modello economico tedesco. Ma soprattutto la ricompensa sarà politica, perché in questo modo la Germania si è posta autorevolmente alla guida dell’Europa, utilizzando abilmente  la sua potenza economica, che le permette politiche di solidarietà e di inclusione e di richiamare, unica in Europa, il valore fondante di principi universali.

Non a caso, in alternativa e goffamente, la Francia di Hollande e la Gran Bretagna di Cameron tentano di affermare una leadership europea di tipo militare, quando, rispetto alla Germania, appaiono, chiuse e paurose. E non da ora.

La guida politica dell’Europa porterà la Germania nelle condizioni di dettare le condizioni di una ripresa europea, ma in una logica tutta neoliberista. Ne pagheranno le spese il lavoro subordinato, il lavoro precario, il non lavoro.

A meno che non ritrovino una narrazione aggiornata della propria condizione, un linguaggio efficace di denuncia e di proposta e, soprattutto,  rappresentanza politica.

10 settembre 2015

 

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