13 luglio 2015 La fine di una speranza?

E’ la fine delle vicenda politica di Alexis Tsipras? Con l’accordo sottoscritto con l’eurogruppo ha sancito la sconfitta di una sfida ad altissimo livello: procedere a cambiamenti radicali della Comunità Europea senza abbandonare l’Unione Economico Monetaria. Di fatto Tsipras è vittima del suo europeismo, del suo sentirsi parte non di una espressione geografica, ma di un comune sentire e di un comune vivere la libertà e la democrazia e con essi l’economia, identificandosi nei valori declamati nelle costituzioni di quasi tutti i cosiddetti paesi europei. Un’altra Europa, questo si, ma sempre Europa e con l’euro come unica moneta. Anche il suo paese, anche se dissanguato, messo in ginocchio, ridotto alla fame, ha proclamato fino alla fine la sua appartenenza all’Europa e la sua fedeltà all’euro, anche con l’ultimo referendum, in cui chiedeva di non essere umiliato dall’arroganza delle oligarchie europee.

E’ stato un doppio errore di sopravvalutazione sia del proprio potere contrattuale, ritenuto dirompente perché espressione di un mandato ottenuto democraticamente, sia di sottovalutazione delle capacità di reazione del blocco egemonico dell’Eurogruppo. Si potrebbe parlare di ingenuità politica, anche se fino a ieri sembrava vincente una politica che puntava a dare corpo all’immagine di una Germania isolata, i cui interessi non coincidevano necessariamente con quelli del resto d’Europa, cinica nei confronti dei più deboli e arrogante nella sua volontà egemonica. E di una Grecia che puntava ad una riforma del sistema di tassazione per dare allo Stato margini di manovra, soprattutto quanto a politiche pubbliche, per ricostruire il tessuto sociale logorato dall’austerità ed una ridefinizione del debito per destinare risorse alla ripresa economica ed occupazionale. Se il Grexit era temuto in Grecia lo era anche in Europa, non tanto in Germania, che di fatto lo auspicava, ma in Francia, in Italia, in Spagna. Perché contraddire questa linea, perché non portarla fino in fondo, sapendo di avere alle spalle la maggioranza del popolo greco, il Parlamento e il principale partito del paese? Perché non ci si è trincerati su una mediazione, perché una mediazione si sarebbe dovuta fare, che non fosse l’ultimo accordo, che toglie per decenni al popolo greco ogni speranza di avere uno stato sociale, uno stato di diritto, uno stato sovrano.

E’ difficile immaginare un qualunque scenario futuro con ancora Alexis Tsipras.

Nel caso che il Parlamento greco approvi l’accordo, ma con il contributo determinante dell’opposizione e con la spaccatura di Syriza, di fatto si costituirà una nuova maggioranza, di cui Tsipras non potrà essere né il leader né il garante. Nel caso di bocciatura dell’accordo sarà il primo ministro ad essere bocciato ed ad essere costretto alle dimissioni. Se si andrà ad elezioni anticipate sarà difficile per Tsipras richiedere agli elettori un altro mandato per ricontrattare con la Troika, di nuovo in campo e non solo di nome, in posizioni di forza o di sfida la collocazione della Grecia nell’Eurozona.

La Germania ha perseguito con tenacia e con grande determinazione un obiettivo politico: la crisi del modello greco, l’uscita di scena di Tsipras e del suo partito Syriza. Sembra vicina al suo obiettivo. Ha lavorato con grande fretta perché le elezioni di novembre in Spagna potrebbero produrre, con Podemos, un nuovo scossone agli equilibri europei. Tutto questo sta a significare che l’appartenenza all’Europa non significa solo rinunciare alla propria sovranità monetaria, ma anche e soprattutto alla propria sovranità politica. E’ un brutto film già visto.

13 luglio 2015

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