Una piazza circolare, una “platea rotunda”, in cima ad una collina che domina la valle solcata dal Topino e dal Clitunno, con a corona i palazzi del potere civile e religioso e, tutto intorno, il reticolo dei vicoli e delle case, ad anelli concentrici, tagliato da cinque assi viari che corrispondono ad altrettante porte della prima cinta muraria. Ancora intorno, ma ormai in modo asimmetrico, un tessuto urbano compatto nato intorno agli insediamenti extra moenia degli ordini mendicanti, francescani nel borgo di Colle Mora e agostiniani nel borgo del Castellare, ricompreso alla fine del ‘200 nella nuova cinta muraria. La successiva espansione lungo l’asse dell’attuale via di Santa Chiara con i monasteri femminili, chiese e confraternite sempre agostiniane e il complesso monastico francescano di San Fortunato, posto a poca distanza dalla porta di San Leonardo, concludono l’assetto urbano di quello che è stato, fino al 1848, un villaggio, avendo attenuto solo in quella data da Pio IX il titolo di città. Un villaggio in grado di aggiungere alle chiese e ai conventi medievali nel corso del ‘400 e nel ‘500 numerosi ed eleganti palazzi gentilizi, di ristrutturare complessi architettonici significativi e di commissionare opere pittoriche che saranno fondamentali per l’evoluzione dell’arte umbra. Le terre sui fianchi e ai piedi del colle, anche se nel passato oggetto di contesa con Bevagna, Foligno e Trevi, sono state e sono tuttora fonte di ricchezza grazie alle tante colture specializzate, a partire dagli oliveti e dai vigneti e alle colture irrigue. Inoltre il pellegrinaggio religioso, attratto dalla magnificenza delle chiese, dalla santità di Chiara da Montefalco e dall’ospitalità dei monaci, è stato sostituito da un turismo internazionale, sedotto anche da una importante offerta eno-grastronomica.
Benozzo Gozzoli
Nel 1447 Benozzo Gozzoli era arrivato a Orvieto come consocio del Beato Angelico, provenendo da Roma, dove aveva contribuito, quale suo discepolo prediletto, alla realizzazione di opere significative nella Basilica e nei Palazzi Vaticani. Nella città umbra continua ad essere un aiuto del maestro, anche se più apprezzato e meglio pagato degli altri, ma non lo segue quando questi torna a Firenze, né ritorna a Roma per la ricorrenza dell’Anno Santo del 1449, molto probabilmente per il timore della peste. Preferisce seguire gli spostamenti della Corte papale nelle cittadine dell’Umbria e delle Marche, che, alla ricerca di località più salubri, dopo essersi allontanata precipitosamente da Spoleto, era giunta a Montefalco nel 1448. Papa Niccolò V viene immediatamente coinvolto nella rinascita della antica pieve di San Fortunato, ad opera dei Frati Minori dell’Osservanza, che nel 1443 si erano separati dai Conventuali, acquisendo piena autonomia sia sul piano gerarchico che su quello del controllo di conventi e comunità. Nel 1450, ricostruita la chiesa, Fra Antonio da Montefalco, vicario provinciale dell’Osservanza, incarica Benozzo Gozzoli di affrescarla, su probabile suggerimento del papa e d’intesa con il Beato Angelico.
La presenza del pittore fiorentino non passa inosservata ai francescani conventuali che gestiscono la chiesa e il convento dedicati a S.Francesco. Nel 1452 Benozzo Gozzoli, su committenza di Frate Giacomo da Montefalco dell’Ordine dei Minori, realizza gli affreschi della tribuna absidale e della cappella di S.Girolamo. Lavora anche per gli agostiniani, realizzando una tavola con S.Orsola angeli e donatore per le Clarisse e, nella soffitta del monastero di Santa Chiara, un affresco raffigurante la santa.
Benozzo Gozzoli con gli affreschi della tribuna absidale della chiesa di San Francesco deve rappresentare la vita di un uomo dove tutto, sin dalla sua nascita, è conforme a quella di Cristo. Sono ormai lontani i tempi i cui le stimmate di Francesco erano vissute con sgomento e scandalo, perché nessuno poteva paragonarsi a Cristo, pena la blasfemia. Non a caso il ciclo pittorico ha come modello letterario il De conformitate vitae beati Francisci ad vitam Domini Iesu, scritto da fra Bartolomeo da Pisa tra il 1385 e il 1399, ufficialmente approvata nel capitolo generale di Assisi del 1399.
E’ così che Francesco nasce in una stalla, con asino e bue, mentre Cristo, sotto forma di pellegrino, bussa alla porta di casa ed è sempre Cristo che mostra in sogno al santo un palazzo pieno di scudi con la croce ed è ancora Cristo crocefisso, con le ali di serafino, che gli impartisce le stimmate sul monte della Verna, accertate solo al momento della sua morte. E’ la presenza di Francesco e Domenico di Guzman sulla terra, impegnati a convertire il mondo, a dissuadere Cristo dal distruggerlo, irritato dalla superbia, avarizia e lussuria del genere umano. Negli altri quadri Francesco d’Assisi è una figura così pervasa di misticismo, ma anche così perentoria nei gesti e nelle movenze, che lo porta ad essere nella sostanza un alter Christus, altrettanto credibile ed altrettanto autorevole.
La santità di Francesco, così solennemente sancita, si estende all’ordine francescano, nato da dodici compagni, come dodici erano gli apostoli, di cui i frati più illustri sono rappresentanti nei venti medaglioni alla base della tribuna. Vengono inclusi in questa agiografia francescana, a testimoniare la sacralità del sapere e l’universalismo di quei religiosi, anche i ritratti di Giotto, Petrarca e Dante Alighieri.
Al di là dell’agiografia ci sono città medioevali coloratissime, rappresentazioni iperrealistiche di palazzi e basiliche famose, visioni urbane metafisiche, scorci naturali immutati, interni solenni a delimitare lo spazio, con il risultato di esaltarlo, fino al misticismo.
Nell’affrescare la cappella di San Girolamo nel 1452 Benozzo Gozzoli si concede una vera e propria licenza poetica: realizza un finto polittico intagliato e dorato, con predella alla base e un ordine superiore con cuspidi e guglie, posto all’interno di una finta cassa di legno di forma quadrata con la tenda tirata da un lato. La figura centrale è una Madonna in Maestà con in grembo il Bambino benedicente, mentre ai lati sono rappresentati sant’Antonio da Padova, San Girolamo, San Giovanni Battista e Sant’Agostino. Il pantheon mistico è completato dai quattro Dottori della Chiesa nelle cuspidi e da coppie di santi in quattro delle cinque tavolette della predella. La tavoletta centrale è una Pietà che funge insieme alla Madonna da baricentro del polittico, così come il tutto è sormontato e sovrastato da una drammatica crocifissione che vede come spettatori attoniti altri quattro santi, tra cui San Domenico e San Francesco. Le vicende del titolare della cappella sono ai lati del polittico e sono di una grande efficacia comunicativa, affidata ad aspetti apparentemente secondari, come il cappello cardinalizio gettato in terra nell’abbandono di Roma o la fuga del monaco atterrito davanti al leone. Anche quando è rappresentato nella parete d’ingresso nell’atto di pregare nel deserto, sono il leone ormai mansueto e gli scorpioni a testimoniare la vita austera e solitaria del santo.
Il Perugino
Nella chiesa di San Francesco c’è anche Pietro Vannucci, con una Adorazione dei pastori.
L’artista in quel tempo si è già ritirato in Umbria, dopo aver abbandonato Roma e Firenze, dove nuovi pittori sperimentano moduli espressivi pieni di vigore e di prorompente energia, che datano come superate e ripetitive le formule figurative di quello che non è più per i committenti del primo cinquecento “il divin pittore”. Il tema dell’affresco di Montefalco è già stato introdotto nel Collegio del Cambio di Perugia e viene riproposto nei suoi elementi essenziali, ma semplificato nel numero dei personaggi, alleggerito per la capanna ridotta a quattro pilastri in muratura e più luminoso, grazie soprattutto ad un paesaggio amplissimo che fa da sfondo, sfumato in una luce azzurrina. L’atmosfera è rarefatta, le figure eteree, delicate, vaporose. Forse Pietro Vannucci è ancora un divin pittore.
(16 giugno 2015)
Fonti:
Vittoria Garibaldi, Francesco Federico Mancini (a cura di), Perugino il divin pittore, Milano, Silvana Editoriale, 2004
Elvio Lunghi, Benozzo Gozzoli a Montefalco, Assisi, Editrice Minerva, 2010
Touring Club Italiano, Guide d’Italia Umbria, Milano, RCS, 2012
Philippe Daverio, Guardar lontano Veder vicino, Milano, Rizzoli, 2013
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