La pietra
A Verona si cammina sulla pietra, su grandi lastre policrome di cui sono fatti i marciapiedi, sono lastricate le vie e le piazze più importanti, sono pavimentate chiese e basiliche. Anche le porte della città sono di pietra, quelle cinquecentesche e quelle romane, come porta Borsari o l’arco dei Gavi, i portali delle chiese storiche, San Zeno, il Duomo, Santa Anastasia.
La pietra da un senso di solidità, di ordine, di eleganza, di città.
Il resto è laterizio e sasso di fiume, a vista nel Castelvecchio, nel ponte Scaligero, nel complesso di Santa Anastasia o nella torre dei Lamberti, per il resto è tutto intonacato e spesso dipinto. Questo fa sì che Verona sia colorata, ma in modo leggero, tenue, discreto. Anche le cornici delle finestre, le balconate, i timpani, gli archi d’ingresso dei palazzi signorili aggiungono solo eleganza, sembrando l’espressione non di solo potere, ma di una grande ricchezza, certa e autorevole.
La pietra, soprattutto il marmo rosso di Verona, torna protagonista assoluta nelle Arche Scaligere, nelle loro colonne marmoree, nelle altissime cuspidi, nelle statue equestri dei condottieri, nell’intrico di pinnacoli, statue, bassorilievi, pilastri, baldacchini ricchissimi di decorazioni. Anche i grandi sarcofagi, pur lineari nelle forme, nell’occupare lo spazio ristrettissimo del “cemeterium” , accentuano la fastosità di una vera a propria rappresentazione teatrale in pietra.
E la pietra è la padrona assoluta dell’Arena, costruita in opera quadrata di calcare della Valpolicella, di cui sono documenti suggestivi i resti dell’anello esterno, solo quattro arcate a tre ordini, che sollecitano legittime fantasie sulla grandiosità del monumento originario, al netto ovviamente del lavoro degli schiavi e del sangue versato nei giochi gladiatori. La piazza circostante, enorme, fa solo da cornice al manufatto romano, non garantendo autonomia urbanistica e dignità architettonica la Gran Guardia Nuova né il palazzo della Gran Guardia. Sembrano lì solo perché c’era lo spazio e le mura comunali per appoggiarli.
Le chiese
Per visitare l’interno delle grandi chiese di Verona bisogna pagare. E’ il segno più evidente che grandi spazi pubblici creati per la meditazione, per la catarsi della preghiera, per il ritrovarsi della comunità, per i cerimoniali della nascita e della morte sono ormai museizzati. Del resto la quantità e la qualità delle opere d’arte accumulatasi nei secoli al loro interno vanno curate e salvaguardate, in tempi in cui il controllo sociale è affidato a sempre meno sacerdoti e sempre meno fedeli, con comunità parrocchiali frantumate e disattente, che non sentono più le loro chiese come un bene comune.
La Controriforma aveva esaltato questi spazi per lo stupore dei fedeli, la fede come strumento per accedere alla meraviglia dei miracoli e delle trasfigurazione dei santi, le cerimonie religiose l’occasione per sentirsi partecipi di un grande processo terreno di emancipazione e salvezza.
Così la monumentalità delle navate della Cattedrale si fa ridondante con la creazione delle cappelle laterali e l’inserimento del tornacoro semicircolare, mentre in Sant’Anastasia una sorta di horror vacui riempie di altari le pareti dell’unica navata e di fregi colorate le volte, contrastando la verticalità e la essenzialità dello stile gotico. C’è talmente poco spazio in questa chiesa che l’affresco di Pisanello, S.Giorgio e la Principessa, è praticamente invisibile, posto in alto, sul fronte esterno dell’arco della Cappella Pellegrini. Per fortuna è possibile gustare questo capolavoro tramite un video che ripropone ogni particolare, dal ricchissimo vestiario della principessa e di S.Giorgio alla monumentalità dei cavalli, passando per i volti da tagliagole dei cavalieri, forse più meritevoli del supplizio rispetto ai due impiccati, che sono di fatto l’altro volto, molto meno leggiadro, della città ideale che fa in alto da sfondo. Il mare è una fantasia di colori in contrasto con il grigio cupo del drago e delle altre fiere, appollaiate sulle ossa della proprie vittime.
A San Zeno Maggiore l’impianto a croce latina, con la navata centrale separata dalla due laterali da pilastri e colonne monolitiche e arricchito dall’alto presbiterio, a cui si accede lateralmente, garantisce una scenografia grandiosa, con il pavimento centrale che precipita nella cripta sottostante, tramite un’ampia imboccatura. Basterebbe solo questo a giustificare il biglietto, ma c’è anche il trittico del Mantegna e le incredibile 24 formelle bronzee rettangolari che decorano i battenti lignei del grande portale centrale. C’è infine la statua trecentesca e policroma di San Zeno, detta “San Zen che ride”, forse del paradosso di lui, uomo nero, che è patrono di una città attualmente governata dalla Lega Nord.
L’Adige
L’Adige è un grande fiume che però manca di solennità, perché le sue acque scorrono velocissime, in grande quantità. Verona ne è attraversata ma non ne è accarezzata nè blandita. Le sponde sono alte, murate, a protezione della città e da lì si guarda il fiume, senza contemplarlo, perché non ci sono ghirigori, mulinelli, passaggi sassosi, anse tranquille, per il riposo e la ricerca di cibo degli uccelli acquatici. Forse questa sua natura ha fatto la fortuna di Verona, circondata per i tre quarti da una difesa naturale invalicabile, facendone da sempre una piazzaforte militare, una fortezza imprendibile, il perno di sistemi difensivi territoriali, un vero e proprio campo trincerato. Per lo scambio di beni e di merci bastavano i tanti ponti, ognuno ben difeso, ma anche vie di fuga, per potenti in disgrazia o governanti invisi.
Non a caso la sponda opposta è stata edificata di recente, venute meno le esigenze difensive tradizionali e di esse rimane testimone, attualmente muto e abbandonato, L’Arsenale ottocentesco austriaco, gentile nella forma, nonostante la funzione rigidamente militare.
Il mangiare
Io e Anna Maria non mangiamo carne di cavallo e quindi niente sfilacci né pastisada né tagliata di filetto e allora pasta e fagioli, bigoli, baccalà alla vicentina e mantecato, polenta con formaggi. Non ci concediamo il risotto all’amarone, ma alla trattoria Pane e Vino l’amarone viene servito anche in caraffa e questo mi permette di gustarlo in giusta quantità. Nell’osteria Monte Baldo le tartine sono sfiziose e l’atmosfera è calda e accogliente, mentre solo la pioggia ci spinge sotto i portici di via Sottoriva e sui tavoli di legno dell’omonima osteria. L’orario da pensionati e il malumore prodotto dal maltempo producono un servizio freddo e scostante e fanno banale il menù. Bisognerà tornarci con il sole e in piena movida.
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