20 aprile 2015 E’ possibile un’altra Europa?

Nel mare Mediterraneo non sono naufragati solamente gommoni, pescherecci, zattere, carrette del mare, ormai con migliaia e migliaia di morti affogati, assiderati, disidratati, assassinati, ma è naufragata la Comunità Europea. Non l’Europa che è una semplice espressione geografica ma quella che in trattati ufficiali viene pomposamente definita Comunità Europea.

Una qualsiasi comunità degna di questo nome fa della solidarietà tra i propri membri il principio che la legittima e la rende necessaria, fino ad arrivare, spesso in una deriva egoistica, “al rinserrare le fila” al proprio interno, in caso di una minaccia esplicita che provenga dall’esterno. Questo avviene non solo nel caso di una minaccia militare, ma di una emergenza che riguarda altri paesi e che si riverbera, per gli esodi biblici di milioni di profughi in cerca di asilo, all’interno di quella comunità, mettendone in sofferenza la qualità della vita, le possibilità di sviluppo economico, le potenzialità di inclusione sociale, la tenuta di servizi ed istituzioni pubbliche. In una comunità, ripeto degna di questo nome, chi ne ha responsabilità di governo, chi ne detiene il potere delle decisioni, chi ne deve garantire la crescita equilibrata e universale, attiva procedure e promuove iniziative “comunitarie” e, nel caso di mancata efficacia delle stesse, allerta organi e organismi “comunitari” fino ad un vero e proprio allarme, diffuso a tutti, nel caso in cui membri della comunità vengano travolti.

Tutto questo non si può pretendere da una Società per Azioni o da un’Associazione Temporanea d’Impresa, il cui scopo è quello di garantire il massimo profitto economico ai propri soci e di ripartirlo  in base alle quote di possesso societario. Solo quello è esigibile e solo a quelle condizioni. Niente è in comune, tantomeno ideali, valori, principi, ispirazioni e niente è gestito in modo comunitario, condiviso, partecipato. Nessun socio è uguale all’altro e nessun socio vale come un altro.

La cosiddetta Comunità Europea raccoglie soci non cittadini, difende interessi privati non beni comuni, non è vincolata a carte costituenti ma a trattati finanziari, non costituisce una entità organica perché non ha origini comuni, né interessi comuni, né idee comuni.

Per questo le catastrofi continue nel Mare Mediterraneo sono accolte dal silenzio assordante della Commissione Europea, dall’indifferenza ostentata dei paesi CE del nord e dell’est europeo, dallo sciacallaggio di chi vuole nei fatti blindare militarmente questa Europa, ingiustamente ricca e ingiustamente disuguale.

Ma non sono solo le emergenze umanitarie esterne che vengono accolte in questo modo dalla Comunità Europea, ma anche quelle interne, a partire dalla Grecia, paese membro CE.

Neanche in questo caso è scattato un vincolo solidaristico, nonostante che i greci,  europei a pieno titolo, siano ridotti nella stragrande maggioranza alla fame, colpevolizzati in quanto popolo per scelte economiche, operazioni finanziarie, trucchi contabili, (nell’ordine) volute, partecipate e tollerati dalla Comunità Europea, che ha visto come protagonisti partiti greci in piena sintonia con l’attuale maggioranza politica della CE.

Così sono europei di serie B, oltre i greci, i portoghesi, gli italiani, gli spagnoli, non a caso  accomunati dall’acronimo dispregiativo PIGS. Sono questi i paesi che debbono sobbarcarsi le emergenze umanitarie esterne e proprie, che debbono essere pronti, su input della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea a ridurre diritti, a ridimensionare drasticamente il welfare, a privatizzare i beni comuni, a ridurre organismi elettivi e partecipazione, a favorire il capitale finanziario anche a scapito di quello produttivo.

Questa è la Comunità Europea.

E’ possibile un’altra Europa?

Qualcuno, come Tsipras, ne ha fatto una battaglia elettorale ed un programma di governo, raccogliendo per ora, a livello europeo, solo marginalità e isolamento, insofferenza e disprezzo, fino ad essere costretto a cercare fuori della Comunità Europea risorse e aiuti, senza nessuna garanzia né di successo né di tutela.

In Italia ne è stato raccolto il messaggio, ma appare ancora poco credibile fino ad essere incomprensibile, appannato per l’evidente opportunismo di alcuni, per l’ingenuità e il prepoliticismo di altri, per la stanchezza e la mancanza di idee di tanti, fino al prevalere, ancora una volta, della divisione, della frammentazione, della disillusione.

Pur continuando a sperare forse è lecito cominciare a domandarsi se la dimensione europea sia ancora la misura del riscatto sociale, della fratellanza umana, della libertà di tutti.

20 aprile 2015

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