18 marzo 2015 Il potere di tutti

Il modello proposto dal governo Renzi per la scuola pubblica è lo stesso applicato ormai da tempo in sanità, sperimentato nella scuola secondaria, ipotizzato per la Rai e i beni culturali: l’aziendalizzazione.

Una organizzazione finalizzata alla produzione e un uomo solo al suo comando, con presunte competenze manageriali, monocrate pressoché assoluto, che non deve rapportarsi ad altri organi collegiali, in un ambito dove non è contemplato nessun bilanciamento di poteri. Gli si chiede velocità nella esecuzione delle scelte dei decisori, messa a profitto dei finanziamenti pubblici essenzialmente per il risparmio e il pareggio del bilancio, utilizzo libero e spregiudicato, al limite dell’arbitrarietà, delle risorse umane.

Tutto questo è già pienamente operativo nelle aziende private, come insegna la ex Fiat, dove però è legittima e legittimata la produzione di beni finalizzata al perseguimento del profitto.

Il  bene pubblico non è né può essere una impresa profit, risponde  a logiche diverse e lontane, come per esempio la tutela e la garanzia di diritti individuali fondamentali, sanciti dalla Carta Costituzionale della Repubblica, come ad esempio il Diritto alla Salute (art.32) e il Diritto alla Studio (art.34). Ma è soprattutto l’articolo 2 che riconosce e garantisce i “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

La gestione privatistica del bene pubblico è in pieno contrasto con tutto questo, perché non solo disattende il mandato costituzionale, ma soprattutto perché nel campo dei diritti umani e sociali non può esserci dipendenza assoluta dalla disponibilità finanziaria e deve esserci accessibilità assoluta, cioè universale. Ne va della stessa natura di comunità, dove tutti sono liberi e uguali, nel campo dei diritti, ma a tutti si chiede “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (Art.2) e quindi “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (art.53).

Non basta quindi la sola proprietà del bene pubblico da parte dello stato ma anche la regolazione, il governo e il controllo affidato a soggetti pubblici, una pluralità di competenze e di funzioni, un sistema di poteri e contropoteri, un insieme sicuramente complesso, ma come è complessa la società attuale.

A renderla ancora più complessa è la questione della partecipazione dei cittadini, diretta e indiretta, al governo dei bene pubblico. Se gli appartenenti ad una comunità sono chiamati a rispettare le regole comuni, devono essere chiamati, in modo sostanziale e non formale, a verificare il rispetto e l’efficacia di tale regole ed eventualmente alla modifica delle stesse.

Il potere o è di tutti o non è, nella scuola, negli ospedali, nei servizi sociali, nelle università, nei mass media, nella società intera.

Altrimenti è inganno, prevaricazione, abuso.

18 marzo 2015

 

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