7 agosto 2014 Quale politica?

Sconcerta lo scarto che c’è tra le denunce e le rivendicazioni che avanza da più parti il Movimento 5Stelle, a mio parere largamente condivisibili nonostante molti toni accesi ed una eccessiva platealità di comportamento, e la proposta politica dei suoi leader, a partire da Beppe Grillo. Ci si potrebbe limitare al linguaggio aggressivo e minaccioso, già di per sé espressione di una cultura politica povera di categorie concettuali e di efficaci strumenti di analisi, ma è la linea politica che appare contraddittoria se non incomprensibile. Se si riesce a districarsi nella matassa di vaffa, caricature, artifizi e battute profuse a piene mani in tutte le occasioni possibili, si coglie un evidente cambio di linea dopo il mancato sfondamento elettorale del M5Stelle, considerato catarchico per un epocale cambiamento dell’Italia. Persa l’occasione di un vero protagonismo accettando il confronto con Bersani su pochi, qualificati, punti programmatici, Grillo ha insistito sul muro contro muro, fino ad una virata di 360°, con una buona dose di Malox, quando si è reso conto che non poteva essere la prima forza elettorale italiana, tentando tardivamente di riproporsi come interlocutore di un governo ormai troppo forte sul piano elettorale e su quello delle alleanze. Resosi conto di essersi messo in un angolo, anziché aprirsi veramente con proposte di battaglia politica ad una platea non troppo minoritaria di oppositori al governo Renzi, ha insistito sulla platealità dei comportamenti parlamentari, su un’Aventino ad intermittenza e sui soliti toni virulenti di twitter e pagine di blog. Nel frattempo aveva pensato bene di isolarsi anche in contesto europeo, alleandosi con una forza xenofoba e destrorsa, quale l’inglese UKIP di Nigel Farage.

Il rischio di isolamento e di insignificanza politica a questo punto non lo corre solo Grillo e il suo movimento, ma quella parte del paese che, stanca di corruzione, di privilegi, di favoritismi, di incompetenze, li aveva individuati come una vera alternativa di potere e di governo.

Tutto questo per dire che un dirigente politico non lo si diventa dall’oggi al domani, che anche la politica, come il lavoro, pretende competenze, che nelle istituzioni è necessario uno stile coerente e sobrio, pena la loro decadenza in quanto a rappresentatività ed autorevolezza e che non basta avere i voti per dettare condizioni, senza un’idea di società e di regole e norme da condividere.

Questo ovviamente non vale solo per Grillo, ma per tutti, compreso l’attuale Presidente del Consiglio e, perché no, anche l’ex Cavaliere.

E’ su questo terreno che si dovrebbe lavorare, senza improvvisazioni, nè sensazionalismi, valorizzando e utilizzando le competenze senza rottamarle, non mandando allo sbaraglio dei dilettanti, ma garantendo loro un apprendistato politico.

E’ possibile tutto questo senza i partiti, intesi come intellettuali collettivi, come luogo per la rappresentazione, come mediatori tra la società e la rappresentanza istituzionale?

E’ possibile che un uomo politico non passi attraverso un vero apprendistato sociale, con il proprio lavoro innanzitutto, ma anche in una struttura di base o in una realtà territoriale, non si confronti e si scontri con altri in sedi collettive, siano assemblee pubbliche o congressi di partito, attivi di sezione o comitati di quartiere, non acquisisca competenze amministrative in assemblee elettive, per poi assumere eventuali responsabilità esecutive, sempre revocabile e sostituibile, con un mandato elettivo e politico a termine?

E’ possibile tutto questo senza democrazia, senza un sistema di pesi e contrappesi, che limiti i poteri e li costringa alla mediazione, senza il dibattito e il confronto in assemblee elettive, senza il controllo del Parlamento e senza un esecutivo che non sia la sola espressione di un leader, di un partito o di una minoranza?

E’ possibile che l’azione politica sia ridotta a pura comunicazione indiretta e mediata, a scapito di un confronto diretto e immediato, con la sola forza di software e di server, con la sola capacità dell’immediatezza e della semplificazione e senza alcun controllo né garanzia?

Tutto questo è possibile nell’Italia di oggi. Non credo sarà più possibile nell’Italia di domani, ammesso che abbia un domani.

7 agosto 2014

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