E’ bastata una lettera di un gruppo di docenti universitari autorevoli, determinata nei toni e chiara nei contenuti, riguardante l’autonomia della ricerca scientifica dalle fedi e l’indipendenza dell’università dai credi religiosi, nonché l’agitare, da parte di un gruppo di studenti universitari, dei nomi di Galileo Galilei e di Giordano Bruno, oltre che striscioni e bandiere, perché il papa scappasse. Nonostante il facile rifugio nel vittimismo, nella copertura mediatica, nell’excusatio non petita, rimane l’ennesima fuga di Benedetto XVI di fronte alla complessità, alle contraddizioni, al conflitto della modernità. Non è la prima volta che questo pontefice offre le spalle alle sfide dei nostri giorni, così come recentissimamente ha dato le spalle ai fedeli celebrando la messa nella Cappella Sistina secondo il rituale preconciliare.
Del resto è sfuggito al confronto con le altre religioni negando ad esse, in primis all’Islam, qualsiasi spiritualità, così come è scappato di fronte ai nodi ormai urgentissimi del celibato dei sacerdoti, dell’omosessualità, della fecondazione assistita, della ricerca sugli embrioni.
E’ vero che in questo è stato confortato dalla Curia, dalla CEI, dai papa boys inquadrati da Comunione e Liberazione, da tutto l’apparato chiesastico ed ha potuto contemplare tutto il ceto politico italiano, tranne pochissime eccezioni, genuflesso, annichilito, subalterno e il quadro istituzionale balbettante scuse e blandizie.
Ma questo non può bastare ad un papa. Non basta avere dalla sua una corte di sovrano assoluto né la connivenza dei poteri né la condiscendenza di altri istituti. Quello di cui ha veramente bisogno un papa, per di più cattolico, cioè universale, è il sostegno pieno, appassionato, sincero dei fedeli. Rispondono invece chiese desolatamente vuote, una crisi delle vocazioni religiose ormai quasi irreversibile, atteggiamenti e comportamenti di massa completamente estranei alla morale cristiana, un ateismo non dichiarato e neanche percepito come tale che domina il pensiero e le pratiche giovanili, per non parlare del numero dei matrimoni civili ormai alla pari se non superiori a quelli religiosi e le stime che attribuiscono ancora al fronte favorevole all’attuale legge sull’aborto la stragrande maggioranza degli italiani.
Per questo il papa non può fuggire, perché conferma un disorientamento diffuso tra i cattolici, una debolezza che cerca di nascondersi dietro toni verbali efferati e truculenti, uno smarrimento di fronte all’emancipazione delle donne, all’affermarsi di nuovi modelli familiari e sociali, al protagonismo degli omosessuali e delle lesbiche, alla richiesta da parte delle nuove generazioni di valori non più derivati da testi rivelati ma dal consesso civile e dalla solidarietà sociale.
Cosa possono rispondere uomini e donne di chiesa di fronte alla crisi della famiglia tradizionale che azzera drammaticamente affetti e relazioni significative, quando non possono essi stessi avere o formare una famiglia? Come possono parlare di sessualità uomini e donne che devono reprimerla, perché obbligati per sempre alla castità più assoluta? Come può pretendere di essere egemone culturalmente una religione che si svilisce a dottrina morale ed assume i connotati di partito politico, per di più minoritario (e ultraconservatore) che vuole rimodellare lo stato a sua immagine e somiglianza, come se fossimo ai tempi di papa Pacelli o addirittura del papa re?
Chi non è credente e pretende la separazione tra chiesa e stato non può essere demonizzato in formule di comodo, identificato in pura incarnazioni del peccato, in oscena rappresentazione del male, in causa e concausa della crisi della politica e della democrazia nel nostro paese, come si è urlato dagli scranni del Parlamento in questi giorni. Ha il limite (o il pregio) di porre una semplice questione: come farsi carico dell’esistenza umana in tutte le sue manifestazioni concrete, concependo la persona come valore supremo, ma alla luce delle sue condizioni di vita materiale. Questo non esclude e non proibisce altre visioni ed altri valori ma pretende rispetto e reciprocità.
La chiesa di oggi ha la possibilità e l’opportunità di confrontarsi con un umanesimo che può anche non essere religioso e che pone come orizzonte e come campo di azione quello dell’esistenza terrena.
Oggi, con il suo pontefice, ha scelto la fuga, gli anatemi, gli esorcismi, la negazione di questa realtà, l’esaltazione dell’assoluto, degli apriorismi, dei dogmi.
Per questo il papa non è andato alla Sapienza. Non è il “pappas” cioè il padre di una grande famiglia, il capo di una enorme comunità, il testimone in terra di una grande speranza, il pastore di anime inquiete ma è il successore di Pietro, il vicario di Cristo, il Pontifex Maximus, il Pastore Eterno, l’Infallibile e come tale è Incontestabile.
18 gennaio 2008
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