“Politici ed intellettuali ex e post comunisti si baloccano con Cesare Beccarla, filosofeggiano sui delitti e le pene, sdottoreggiano sull’uomo buono rovinato dalla società”.
Con queste ed altre suggestioni il giornalista Massimo Giannini ha fatto il suo scoop quotidiano intervistando il Ministro dell’Interno Giuliano Amato, a cui non è parso vero definire “burattinesco” il dibattito sollevato dai provvedimenti contro “i lavavetri” e giudicando come irresponsabili le posizioni critiche assunte dalla sinistra, valutando come “banalismo sociologico” prese di posizioni di intellettuali e studiosi, insieme a citazioni inopportune di Antonio Gramsci e a richiami sulla politica del PCI, di cui è stato sempre fieramente avversario, insieme al suo compagno Bettino Craxi.
Lo stesso Ministro, in una recente conferenza stampa sulla tragedia degli incendi che aveva devastato in agosto mezza Italia, aveva confermato la sua insofferenza alla sociologia e a qualsiasi altra scienza, leggiucchiando in un foglietto poche ed approssimative note riguardanti i possibili identikit degli incendiari, come se l’identificazione dell’età, della posizione sociale e lavorativa, delle motivazioni, delle complicità di questi delinquenti non fosse in quel momento il problema principale, al fine di impostare efficaci politiche di prevenzione, di contrasto sociale e di spietata repressione. Infatti da lui nulla si è saputo riguardo al ruolo della criminalità organizzata, alle responsabilità delle amministrazioni locali, alle effettive risorse disponibili nella lotta agli incendi, alle carenze di organico, di mezzi, di strumenti, alla mancata collaborazione di enti e istituzioni, al peso che hanno in molte situazioni la precarietà e la mancanza di lavoro, che fanno degli incendi (e della successiva riforestazione) una vera e propria opportunità economica, così come l’utilizzo improprio e illegittimo dei territori devastati.
In quella sede sarebbe stato opportuno parlare di tolleranza zero nei confronti di vere e proprie azioni criminali, pretendere il rispetto assoluto della legge, disattesa anche da molte amministrazioni locali, auspicare quell’ ordine sociale che solo l’intervento dello stato può garantire.
Mai come in questi mesi estivi è stata minacciata la sicurezza di tanti italiani: è diventata incerta per loro non solo la propria abitazione, l’azienda, la bottega, il campo coltivato, l’oliveto, il frutteto o il proprio reddito per la distruzione di risorse ambientali vitali per il turismo e per il commercio, ma addirittura la propria vita.
Di tutto questo nessuno si è fatto carico, nessuno è stato identificato come colpevole, nessuno è stato chiamato in causa come complice, non è stato sollevato nessun allarme, non c’è stata nessun polverone mediatico, l’opinione pubblica è rimasta tranquilla. In attesa della prossima estate.
Ma in piedi sono altre minacce alla sicurezza. Il lavoro e i lavori producono una serie impressionante di infortuni e incidenti nei cantieri, nei campi, nelle fabbriche; il caro vita da una parte e il blocco dei salari e delle pensioni dall’altra minacciano il potere d’acquisto degli italiani, il loro tenore di vita, la qualità della loro esistenza; è minacciato il futuro dei giovani per la mancanza di lavoro o per la sua precarietà; è minacciato la vecchiaia per la inadeguatezza dei servizi e delle politiche sociali.
Non c’è in nessuno di questi casi un vero e proprio allarme sociale, non c’è una vera attenzione politica, con le conseguenti e inevitabili e necessarie polemiche, non c’è una ricaduta mediatica, se non note di cronaca, neanche un po’ di banalismo sociologico, nessuno si balocca, filosofeggia, sdottoreggia. Nessuno invoca tolleranza zero nei confronti degli sfruttatori, degli inadempienti, degli evasori, dei cartelli di produttori, degli speculatori. Nessuno richiama con veemenza il rispetto della legge, nessuno pretende con determinazione ordine e sicurezza.
Perché nessuna minaccia di questo tipo è paragonabile a quella rappresentata dai “lavavetri”, per lo più clandestini, di etnia presumibilmente diversa da quella latina, approssimativi nel parlare italiano, inadeguati nel loro abbigliamento, da anni parte integrante del panorama urbano, per la stragrande maggioranza discreti e silenziosi, al massimo imploranti, insistenti, come tutti i mendicanti.
Nei loro confronti si sta scatenando una vera e propria follia collettiva, un misto di riprovazione sociale, rigetto culturale, rifiuto civile, intolleranza umana, esclusione urbana, scatenato non da un episodio aberrante, un omicidio particolarmente efferato, un atto antisociale insopportabile, ma dalla politica.
A fronte di alcuni episodi di prevaricazione e arroganza compiuti da alcuni lavavetri a Firenze, anziché responsabilizzare la polizia municipale, attivare le necessarie sinergie e collaborazioni con le forze dell’ordine, utilizzare tutti gli strumenti di indagine, al fine di individuare i responsabili e neutralizzare questi episodi di inciviltà con gli strumenti di ordinaria amministrazione, il Comune di Firenze dichiara solennemente urbi et orbi tolleranza zero nei confronti di tutti i lavavetri ed emana ordinanze e decreti per ottenere che l’ordine regni agli incroci e nei pressi dei semafori, seguito a ruota da altre amministrazioni locali e dallo stesso governo, il ministro Amato in testa.
La politica, in crisi di identità e di consensi, anziché fare cultura, fare società, governare l’inclusione sociale, rendere credibile la solidarietà, innalzare il senso critico e produrre partecipazione, insegue l’opinione pubblica, fa propri i luoghi comuni, le banalizzazioni, le semplificazioni, le generalizzazioni e le pubblicizza a tutta pagina e in primo piano, per ottenere un ipotetico consenso, incapace ormai di acquisirlo con la forza delle idee, con il coraggio delle scelte, con la credibilità dei progetti.
E’ gravissimo che protagonisti di questa operazione di vero e proprio depistaggio politico non sia la destra, ma illustri rappresentanti del centro sinistra, veri ex e post comunisti, teorici e dirigenti del neonato PD, amministratori di città illustri e civili come Firenze. Si stanno avverando le peggiori previsioni. Nel cuore di costoro non c’è più la giustizia sociale e il bene comune, ma la continuazione della già lunga carriera politica dell’assessore Cioni Graziano.
5 settembre 2007
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