31 maggio 2007 Camminando a Perugia

E’ sconcertante vedere ancora i cassonetti nelle strade di Perugia, magari stracolmi o debordanti di sacchetti maleodoranti, quando ognuno dovrebbe tenere in casa i rifiuti che produce, perché tre volte la settimana dovrebbero essere ritirati i rifiuti umidi, due volte la settimana la plastica e i metalli, una volta la settimana il vetro e la carta, per essere avviati al riciclaggio, alla compostazione, al riutilizzo in altre forme meno inquinanti e più remunerative dell’interramento in discarica, con in più la possibilità di benefici fiscali per i cittadini, grazie all’identificazione elettronica della quantità e della qualità dei rifiuti consegnati.

E’ vergognoso che a Perugia non siano attivi regolamenti edilizi e norme urbanistiche che impediscano la trasformazione di fondi bui e umidi, destinati in passato al rimessaggio della legna da ardere e del carbone o al ricovero degli animali, in mono locali affittati a caro prezzo a studenti o extracomunitari, dotati solo di microscopici servizi igienici privi di finestre e con la porta di affaccio sul vicolo quale unica fonte di luce e di aria, come i “bassi” dei quartieri spagnoli decantati dall’Oro di Napoli.

E’ inammissibile che minorenni vengano utilizzati ai semafori di Perugia per l’accattonaggio, il lavaggio vetri, la vendita di fazzolettini e mercanzie varie, ben sapendo che alle loro spalle vivono lautamente spietate organizzazione di adulti che sfruttano selvaggiamente il lavoro minorile, che dovrebbe essere proibito per legge, vietato dalla morale (anche cattolica), contrastato dalle regole sindacali e dal vivere civile.

E’ scoraggiante vedere nelle piazze del centro storico di Perugia, in ogni ora del giorno e della notte, sostare innumerevoli automobili, tra cui inutili e ingombranti suv, nonostante l’interdizione al traffico, il controllo elettronico degli accessi, la proibizione della fermata e della sosta, in sfacciato contrasto con tali regole, in disprezzo dei pedoni, in oltraggio all’immagine di una città turistica, in ostacolo al trasporto pubblico, in perenne e insulsa ostentazione di uno status symbol, di un privilegio, di furbizia.

E’ umiliante, nell’andare a Perugia a piedi al lavoro o a far compere o a trovare qualcuno, scoprire la poca attenzione ai marciapiedi, alla loro fruibilità e accessibilità, alla loro manutenzione, al loro essere a volte un ostacolo e non una facilitazione al passante, non essendo i percorsi pedonali né in rete tra loro, né segnalati, né individuabili, né gradevoli, ma solo il simbolo della rassegnazione e dell’impotenza di fronte al tasso di motorizzazione tra i più alti in Italia.

E’ irritante vedere (al di là di poche eccezioni, non solo tollerate ma legittimate) muri e parapetti, cancellate e portoni, sportelli e saracinesche di Perugia sistematicamente imbrattati ma non di disegni, performance artistiche, elaborati culturali, ma di segni grafici criptici, espressioni di codici riservati e ristretti, ad esprimere non la voglia di una comunicazione altrimenti insoddisfatta e inadeguata, ma la manifestazione solo simbolica della propria esistenza e la testimonianza di una presenza solo spaziale, in una sorta di miserabile e disperante egocentrismo.

E’ triste vedere a Perugia i parchi pubblici desertificati, silenziosi, spettrali, nonostante la ricchezza di verde, la molteplicità delle specie arboree, la gradevolezza dei siti, la grande fruibilità e accessibilità, condannati da un circolo perverso di mancata frequentazione di molti per una cattiva frequentazione di pochi, perché una minoranza di balordi e di malintenzionati tiene in scacco una maggioranza fatta di bambini e bambine, anziani, coppie di innamorati, impiegati in pausa pranzo, adulti in cerca di ispirazione, amici degli animali, lettori di libri e giornali, cittadini vogliosi non solo di pietre e di asfalto ma anche di terra e di alberi.

31 maggio 2007

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