1° febbraio 2007 Il colpo basso di Veronica

La storia è piena di castellane, regine, nobildonne, consorti di uomini famosi e potenti, relegate dalla logica del potere e della ricchezza a ruoli marginali, costrette a splendidi isolamenti, obbligate al silenzio ufficiale o a balbettamenti stereotipati, avendo in cambio la possibilità di soddisfare voglie e capricci, di non patire il freddo o la fame e in più la certezza della sicurezza e dell’avvenire dei propri figli.

C’è una sterminata letteratura a proposito, fatta di cronache, di romanzi, di drammi teatrali, di commedie, di melodrammi. L’argomento è allettante e coinvolgente, essendo le protagoniste donne quasi sempre bellissime, ricche, eleganti, servite e riverite, ma profondamente infelici, frustrate, sofferenti. Ammutolite, interdette nella possibilità di vivere pubblicamente il mondo intorno a loro e di comunicare intensamente con le persone che lo vivono, compresi i conoscenti, gli amici, i parenti, i mariti.

Costrette a vivere un eterno privato, a muoversi circospette, in spazi ristretti, assediate sempre e comunque.

Deprivate di amore, affetto, considerazione, riconoscimenti, solidarietà.

Per molte di loro si è aperto e si aprirà la possibilità di un non ritorno, quando l’odio e il rancore, divenuti gli unici sentimenti di fronte alla inaccettabilità di una condizione, giustificano soluzioni estreme, non il rifiuto o la denuncia e il conflitto, ma la pazzia o il suicidio o l’omicidio.

Veronica Lario in Berlusconi non è pazza né rischia di diventarlo, né tantomeno si ucciderà né ucciderà chicchessia. Almeno fisicamente.

Ha fatto una mossa abile e puntuale, aprendo un contenzioso con un marito smargiasso e infantile, ossessionato dalla necessità di dimostrare pubblicamente la sua immortalità politica e umana, obbligato per questo a vivere la propria vita continuamente al di sopra delle righe, senza pudori, senza bon ton, senza morigeratezza nei toni e nelle affermazioni. Ma non lo ha fatto per difendere i propri diritti di donna e di madre (per quello ci sono altri terreni di lotta compresa la vita intima), ma quelli della moglie dell’uomo più ricco d’Italia, proprietario (o comproprietario) di un immenso patrimonio, con questioni dinastiche aperte e un futuro esistenziale e politico non necessariamente luminoso. Ma soprattutto sensibilissimo al conflitto mass mediatico, di cui si ritiene (forse a ragione) l’inventore italiano, su cui ha costruito la sua fortuna politica e imprenditoriale e su cui intende investire nei mesi a venire.

La lettera di Veronica è un vero e proprio colpo basso, che non ha niente a che vedere con il femminismo o l’emancipazione della donna, ma che è tale e quale ai colpi che vengono sferrati nei consigli di amministrazione, tra amministratori delegati e direttori generali, nei luoghi di potere di società finanziarie, lobbies, logge, consorterie, potentati.

Una questione di rapporti umani si affronta sempre e comunque sul terreno dei rapporti umani, che sono per loro natura diretti e immediati e non in situazioni indirette e mediate, tipiche della lotta politica di oggi, dove prevale la demonizzazione dell’avversario e la seduttività della propria immagine, senza un reale confronto pubblico su programmi e contenuti.

Se Veronica Lario ha scelto questo terreno vuol dire che ben altri interessi erano in gioco ed era necessaria una grande operazione mediatica, ben sapendo che la sua lettera avrebbe avuto la prima pagina dei principali quotidiani nazionali, avrebbe sovrastato nei tg ogni altra notizia e che ad essa sarebbe seguita, in un crescendo, la risposta di Silvio e poi il commento di Gianni, le dichiarazioni di Paolo, le precisazioni di Mara e così via.

Con a questo punto una domanda inquietante: al di là delle miserie della politica e dei suoi rappresentanti, sarebbe stata possibile la mossa di Veronica Lario senza una stampa nana e balbettante e un quarto potere ossequioso e complice, strapieno di anchormen di tutte le reti televisive, che si precipitano ad ogni buona occasione a riempire di un chiacchiericcio incomprensibile le loro insulse trasmissioni, grazie a tuttologi di professione e a procacciatori di ben remunerati gettoni di presenza?

1° febbraio 2007

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