Dopo la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (Legge 833/1978) che con l’art.3 stabiliva che il Piano sanitario nazionale doveva fissare i livelli di prestazioni sanitarie comunque garantite a tutti gli italiani, solo nel novembre 2001 con apposito d.p.c.m. si definivano tramite i LEA i servizi e le specifiche prestazioni che possono (e non possono) essere erogate dal SSN e che possono essere finanziate con risorse finanziarie pubbliche.
Sono interventi sanitari e preventivi di efficacia ragionevolmente dimostrata e offerti ad una popolazione tale per cui il rapporto benefici/rischi è al di sopra del punto critico.
Di fatto sono una restrizione delle prestazioni, mediante un pacchetto di base di cure, individuate sulla base dei seguenti principi: dignità umana, efficacia, appropriatezza, economicità. Alla compatibilità economica si affianca la provata efficacia all’interno di un approccio solidaristico, compresa la necessità e l’urgenza.
I LEA sono composti da quattro liste: 1 prestazioni garantite 2. prestazioni totalmente escluse 3. prestazioni parzialmente escluse 4. 43 drg ad alto rischio di non appropriatezza.
I LEA hanno un ruolo importante nel migliorare le procedure di quantificazione dei fabbisogni regionali, nell’introdurre elementi di governo della domanda e nel verificare il rispetto di standard uniformi tra le regioni, realizzando il principio fondamentale di universalismo ugualitario del SSN in un contesto di decentramento di governo. La loro concreta applicazione è avvenuta comunque quando sono stati ripensati come un possibile strumento per il contenimento dei costi e questo ha fortemente condizionato la loro natura “anche” di strumento per la promozione dell’equità territoriale.
(Sono sufficientemente delineati con particolare riferimento alle modalità di applicazione e ai tempi di accesso?
Fino a che punto il termine “essenziale” non assomigli sempre più al termine “minimo”?)
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