Carlo De Vincenzi Commissario di Pubblica Sicurezza a Milano

L’uomo, che apriva la porta della vetrata e che precedeva gli altri due, era bruno, assai distinto, con uno sguardo penetrante e nello stesso tempo quasi stanco, malinconico.
Augusto De Angelis, L’impronta del gatto, Mondadori, 2001, pag.47

De Vincenzi mandò un sospiro. C’era abituato ormai ad andare a letto quando il sole era già alto, ché tutte le notti quasi le passava in Questura, a lavorare o a leggere. Eppure, ogni mattina sospirava. Poiché ogni mattina, alla vista del nuovo giorno, senza volerlo, pensava a quella sua casettina di campagna, nell’Ossola, dove era nato e dove sua madre viveva ancora, con le galline, il cane e la domestica. Lui se ne sarebbe andato tanto volentieri lassù, accanto alla mamma, con le galline, il cane e la domestica. Era giovane, neppure trentacinque anni, eppure si sentiva vecchio. Aveva fatto la guerra. Ed era uno spirito contemplativo. Qualche suo compagno, in collegio, lo chiamava poeta, per riderne, naturalmente. E lui era tanto poeta, che si era messo a fare il commissario di polizia…
Sei donne e un libro, Mondadori, 1997, pag.212

Egli sempre procedeva soprattutto per intuizione, guidato da un senso nascosto e sconosciuto, che gli faceva dar peso e valore a fatti minimi, a indizi microscopici, mentre poi lo induceva a non tener conto di quanto ad altri sarebbe apparso evidente e urlante. Egli non credeva all’evidenza degli indizi, più di quel che credesse alla certezza delle prove. Nessuna prova era certa e tutte lo erano. Nessun delinquente firma il suo delitto. Il caso lo firma per lui.
Sei donne e un libro, Mondadori, 1997, pag. 229

Ancora uno dei suoi movimenti istintivi, dettatogli dal suo subconscio. Non era una ragione che lo spingeva; era una sensazione indistinta, vagamente coercitiva per lui, che alle proprie sensazioni non voleva mai o quasi mai sottrarsi.
Giobbe Tuama & C., Sellerio, 2008, pag.137

Per i casi complessi, egli teneva soprattutto conto degli indizi psicologici, dei caratteri morali del delitto. Suo assioma era: il delitto è una derivazione della personalità. E si affidava anzitutto all’onda psichica.
Giobbe Tuama & C., Sellerio, 2008, pag.48

 Ma lui viveva troppo intensamente le sue inchieste, per poter agire a quel modo. Voleva trovare la verità, lui, attraverso i vari personaggi di ogni dramma. Faceva un lavoro esclusivamente psicologico. Era convinto che ognuno agisse soltanto come era capace di agire. Gli indizi materiali non gli servivano che come punti di riferimento.
Sei donne e un libro, Mondadori, 1997, pag.287-288

Autore: AUGUSTO DE ANGELIS

Nasce benestante a Roma nel 1888. Inizia studi di legge, ma opta per il giornalismo, esordendo giovanissimo. Debutta come narratore con memorie della spedizione libica del 1911 per poi continuare come commediografo, affiancando una intensa e inquieta attività giornalistica. Sul piano narrativo si cimenta con vari generi, dalle spy stories alle vite romanzate, fino al vero e proprio romanzo poliziesco. Dopo il 25 luglio 1943, alla caduta del fascismo, diventa redattore capo de “La Gazzetta del Popolo “ di Torino, ma dopo l’8 settembre dello stesso anno, restaurato il regime, viene incarcerato a Como in seguito ad una denuncia alle autorità fasciste del Nord. Rilasciato in attesa del processo, viene riconosciuto casualmente a Bellagio, aggredito e ferito gravemente tanto da morirne il 16 luglio 1944.

Bibliografia consultata:

Il banchiere assassinato, 1935 (Sellerio, 2009)

La barchetta di cristallo, 1936 (Sellerio 2004)

Sei donne e un libro, 1936 (Mondadori 1997)

L’Albergo delle Tre Rose, 1936 (Sellerio 2002)

Il candeliere a sette fiamme, 1936 (Sellerio 2005)

Il canotto insanguinato, 1936 (Sellerio, 2014)

Giobbe Tuama & C, 1936 (Sellerio 2008)

Il mistero di Cinecittà, 1941 (Sellerio 2003)

Il mistero delle tre orchidee, 1942 (Sellerio 2001)

L’impronta del gatto, 1943 (Mondadori 2001)

 

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*